OTEC I SYN
Sog.: Margarita Barskaja, V. Jadin. Scen.: Margarita Barskaja. F.: Louis Forestier. Scgf.: P. Bejtner, K. Geningson, S. Kuznecov. Mus.: G. Gamburg. Int.: Lev Sverdlin (Pëtr Nikolaevič Volkov), Vasilij Novikov (segretario del comitato del Partito), Mihail Tarchanov, Ol’ga Žizneva, Ženja Volovič, Teodor Vulfovič, bambini da sei mesi a tredici anni. Prod.: Sojuzdetfil’m. 35mm. Bn.
Scheda Film
Mentre il direttore di una fabbrica è assorbito dai problemi della produzione, il figlio adolescente soffre di solitudine. La madre è morta, e il padre, un uomo simpatico, comunista irreprensibile, insignito di un premio Lenin, non riesce a trovare il tempo necessario per l’educazione del ragazzo né un modo per esprimere i propri sentimenti. Dopo un litigio il giovane scappa di casa e si ritrova a far parte, a suo rischio e pericolo, di una banda di delinquenti. La rivoluzione non si riduce alle sole quote di produzione, sembra dire Margarita Barskaja in questo bel ritratto di uomini grandi e piccoli. Se le cineaste venivano spesso relegate al cinema per bambini, Barskaja, la più brillante rappresentante del genere, sceglie di narrare la storia di un padre celibe. Lev Sverdlin, attore di Mejerchol’d che aveva esordito sullo schermo in U samogo sinego morja (Vicino al mare più azzurro) di Boris Barnet, dà come sempre prova di un’intelligenza luminosa, ma la rivelazione del film è l’attore non professionista Genja Volovič, dodici anni, un incrocio tra il Jean-Pierre Léaud dei 400 colpi e Buster Keaton, che oppone alla Mosca staliniana il suo cipiglio imbronciato. Come fa notare Evgenij Margolit, se la sceneggiatura segue l’andamento didattico previsto, il film, con il suo protagonista, si immerge nella notte e in una costante atmosfera d’angoscia. Caduta in disgrazia in seguito all’arresto di Karl Radek, suo consulente per il film precedente, Rvanye bašmaki, ed entrata all’improvviso nella categoria infamante degli “amici di un nemico del popolo”, Barskaja vede qualificare il proprio film come “vizioso” e “deleterio” dagli stessi colleghi di Sojuzdetfil’m, che dopo averlo apprezzato durante le prime proiezioni si accusano ora l’un l’altro di non essere stati abbastanza vigili. Nelle discussioni rimproverano alla cineasta di aver mostrato una Mosca “sporca, sgradevole, brutta”, una fogna; e la scena in cui un operaio si addormenta a una riunione del Partito infiamma gli spiriti. Il 17 giugno 1937 Margarita Barskaja viene licenziata dallo studio cinematografico che lei stessa aveva così ardentemente voluto. Il film ha subito vari rimaneggiamenti e mutilazioni. La sola copia positiva a essersi conservata è incompleta (due elementi della colonna sonora perduti, penultimo rullo mancante), ma “poco importa, il film resta splendido” (Peter Bagrov).
Irène Bonnaud e Bernard Eisenschitz