NAPOLI MILIONARIA
Sog.: dalla pièce omonima (1945) di Eduardo De Filippo. Scen.: Eduardo De Filippo, Piero Tellini, Arduino Majuri. F.: Aldo Tonti. M.: Douglas Robertson, Giuliana Attenni. Scgf.: Piero Filippone, Piero Gherardi, Achille Spezzaferri. Mus.: Nino Rota. Int.: Eduardo De Filippo (Gennaro Jovine), Leda Gloria (Amalia), Delia Scala (Maria Rosaria), Gianni Musy Glori (Amedeo), Totò (Pasquale Miele), Carlo Ninchi (il brigadiere), Dante Maggio (il pizzaiolo), Titina De Filippo (donna Adelaide), Laura Gore (signora Spasiani), Mario Soldati (ragionier Spasiani). Prod.: Eduardo De Filippo, Dino De Laurentiis per Teatri della Farnesina. 35mm. D.: 102’. Bn.
Scheda Film
Napoli milionaria segna il ritorno in grande stile di Eduardo al cinema nel dopoguerra, come interprete, regista, coproduttore, con i larghi mezzi messi a disposizione da Dino De Laurentiis. La pièce del 1945 è anche un’opera fondativa della temperie neorealista: nelle settimane in cui Eduardo la scrive e la mette in scena, Rossellini lavora a Roma città aperta. Oggi il lavoro di Eduardo appare imprescindibile per comprendere il cinema di quegli anni, e in particolare l’intreccio di commedia e mélo. Cinque anni dopo, il film arriverà in piena risacca del neorealismo, e si troverà davanti modelli chiari e prestigiosi. Lo si vede subito, dalla classica voce over neorealistica, vero marchio di fabbrica di tanto cinema di quegli anni. Ma Napoli milionaria è forse il film in cui Eduardo va più a fondo nella rilettura cinematografica di un proprio testo. Già il set ibrido, quinta teatrale ricostruita in studio ma popolata di veri abitanti dei ‘bassi’, è un elemento di cortocircuito, accentuato da movimenti quasi virtuosistici in piano-sequenza. Il risultato è più corale del testo di origine, più spostato sul vicolo che sull’interno.
Ed è inevitabile scorgere nel film il senno del poi, in maniera particolarmente evidente nell’epilogo, con il montaggio alternato tra le manifestazioni elettorali del dopoguerra. Totò (‘doppio’ del personaggio di De Filippo, e grande elemento di forza del film), preso in affitto dai democristiani per proteggere il vero rappresentante del partito dalle contestazioni dei comunisti, improvvisa un piccolo monologo dichiarandosi “un cavallo che si affitta”. Tra Democrazia Cristiana e Partito Comunista, Eduardo rimane ancorato a un populismo democratico di fondo, che lo rende distante soprattutto dal fascismo e da Achille Lauro, e disposto a considerare l’elemento positivo dei grandi partiti di massa, ma anche a guardarli con disincanto.
Emiliano Morreale