NAPOLÉON VU PAR ABEL GANCE (Parte 1)
T. int.: Napoleon. Scen.: Abel Gance. F.: Léonce-Henri Burel, Jules Kruger, JosephLouis Mundwiller, Nikolai Toporkoff. M.: Abel Gance, Marguerite Beaugé. Scgf.: Alexandre Benois, Ivan Lochakoff, Eugène Lourié, Pierre Schildknecht. Int.: Albert Dieudonné (Napoleone Bonaparte), Vladimir Roudenko (Napoleone Bonaparte da giovane), Edmond Van Daële (Robespierre), Alexandre Koubitzky (Danton), Antonin Artaud (Jean-Paul Marat), Abel Gance (Saint-Just), Gina Manès (Joséphine de Beauharnais), Suzanne Bianchetti (Maria Antoinetta), Marguerite Gance (Charlotte Corday), Yvette Dieudonné (Elisa Bonaparte). Prod.: Société du Film Napoléon, Société Générale de Films. DCP. D.: 220’. Col.
Scheda Film
Non si tratta di morale o di politica, ma di arte.
Abel Gance
La velocità di proiezione della nuova versione restaurata è stata integralmente ripristinata a 18 fotogrammi al secondo, cosa che in precedenza avveniva solo per gli episodi di Brienne. Il film ne guadagna in fluidità. Si scoprirà per esempio l’effetto sul pubblico del canto della Marsigliese finalmente sincronizzato con il labiale degli attori. Inoltre, sebbene i novanta minuti aggiuntivi del nuovo restauro ne contengano poche, le scene inedite ci sono comunque, a partire delle potenti immagini della guerra civile che inaugurano l’assedio di Tolone e chiudono la prima parte del film, lavoro di ricostruzione impegnativo e meticoloso. Il restauro si sforza inoltre di rispettare la dimensione sperimentale che Abel Gance volle conferire alla sua opera e che traspare in molte sequenze emblematiche (Brienne, la Marsigliese al Club dei Cordiglieri, la doppia tempesta, le ombre della Convenzione, il celebre triplo schermo con la partenza dell’Armata d’Italia…). Primo restauro completamente digitale, la nuova versione si è adoperata per superare finalmente molte difficoltà apparentemente insormontabili con le sole tecniche analogiche: tabella colore, aspect ratio, riproduzione fedele delle colorazioni originali, ecc. La combinazione di tutti questi elementi è già sufficiente per proporre al pubblico un film diverso da quello che ricordava.
Ma qual è la fonte dell’emozione cinematografica, in altre parole la poesia del film? La ‘grande version’ di Napoléon porta lo spettatore ben oltre l’aneddoto narrativo e lo immerge nel mistero di ciò che Gance chiamava “musica di luce” e il suo amico Epstein “l’idea tra le immagini”. Nelle grandi opere del periodo precedente, come J’accuse! e La Roue, Gance elabora temi e motivi in maniera bidimensionale, giustapponendoli più che combinandoli. Con Napoléon, in particolare nella versione “Apollo”, Gance è padrone assoluto della sua arte e raggiunge una nuova dimensione di vertiginoso virtuosismo. Nulla gli sfugge e nulla lo lascia indifferente. Fino all’ultimo minuto corregge il montaggio di questo o quel passaggio.
Concepito come una gigantesca sinfonia visiva, Napoléon espone, giustappone, combina e intreccia i temi e gli strumenti rappresentati dai suoi operatori, attori, comparse, paesaggi e scenografie, fino ai cartelli delle didascalie… La stessa scienza e lo stesso genio combinatorio vengono applicati ai personaggi e ai sentimenti. Non c’è sequenza in Napoléon che non sia intessuta di dramma e di commedia insieme, di un senso del ritmo – di una musica, appunto – che proietta lo spettatore fuori dal tempo diegetico dell’azione in una sublime sinfonia visiva che la nuova partitura esalta ulteriormente.
Parossismi o apoteosi, i trittici valsero al film il trionfo all’Opéra di Parigi. Solo il secondo, tuttavia, quello dell’Armata d’Italia, è sopravvissuto, mentre quello della doppia tempesta si è conservato solo nella versione monoschermo. Come un retablo rinascimentale, il dispiegamento su tre schermi di una drammaturgia simbolista che mescola l’orizzontale (la conquista dell’Italia) e il verticale (le molteplici sovrimpressioni delle figure di Bonaparte, di Giuseppina, dell’Aquila non ancora imperiale, del globo terrestre e dei suoi “mendicanti di gloria”) costituisce l’epilogo obbligato della ‘grande version’, anche se non fu presentato al teatro Apollo nel maggio del 1927.
Così Gance concludeva il discorso rivolto il 4 giugno 1924 a tutti i suoi collaboratori presenti e futuri: “Spetta al pubblico dirci oggi se l’obiettivo è stato raggiunto”. Non potremmo essere più d’accordo!
Joël Daire
Ricostruito e restaurato da La Cinémathèque française, con il supporto di CNC – Centre national du cinéma et de l’image animée e Ministère de la Culture, sotto la direzione di Georges Mourier presso il laboratorio Éclair Classics – L’Image Retrouvée. Musiche composte da Simon Cloquet-Lafollye e interpretate da Benjamin Bernheim, tenore, Orchestre National de France e Orchestre Philharmonique et le Choeur de Radio France, sotto la direzione di Fabien Gabe