MAGNIFICENT OBSESSION

Douglas Sirk

Sog.: dal romanzo omonimo di Lloyd C. Douglas. Scen.: Robert Blees. F.: Russell Metty. M.: Milton Carruth. Scgf.: Bernard Herzbrun, Emrich Nicholson. Mus.: Frank Skinner. Int.: Jane Wyman (Helen Phillips), Rock Hudson (Bob Merrick), Agnes Moorehead (Nancy Ashford), Otto Kruger (Randolph), Barbara Rush (Joyce Phillips), Gregg Palmer (Tom Masterson), Paul Cavanagh (dottor Giraud), Sara Shane (Valerie). Prod.: Ross Hunter per Universal Pictures Co. 35mm. D.: 108’. Technicolor.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Primo della serie di melodrammi che Douglas Sirk gira per la Universal a metà anni Cinquanta, a luminoso congedo d’una carriera transatlantica, Magnificent Obsession nasce da una proposta di Jane Wyman e suscita dapprima la perplessità del regista. Il romanzo di Lloyd Douglas, che Sirk giudica illeggibile, è stato portato sullo schermo nel 1935 da John Stahl (Irene Dunne e Robert Taylor protagonisti), in un film nel quale alcuni critici rintracciano una vena d’umor nero. Nessun umor nero nella versione Sirk, che non intende smussare l’azzardo sentimentale: “L’essenza del cinema sirkiano è il confronto aperto con qualsiasi materiale, per quanto stravagante e improbabile. Sirk non indietreggia di fronte al ridicolo: attraverso un denso processo d’elaborazione formale, la sua arte trascende il ridicolo” (Andrew Sarris); e la questione è chiusa, anche se il colto Sirk, anni dopo, rivendicherà il riscatto per via ironica d’una storia “tra kitsch e follia”: “Era un’ironia molto sotterranea, certo, di tipo euripideo… in fondo il soggetto è quello dell’Alcesti” (Jon Halliday, Sirk on Sirk). Così quando la serie di coincidenze catastrofiche comincia a farci pensare che Rock Hudson, più che un miliardario scriteriato, sia un funesto menagramo – rischia di suicidarsi perdendo il controllo d’un motoscafo, il respiratore usato per rianimarlo viene sottratto a un medico filantropo che intanto ha un attacco cardiaco e muore, tentando approcci con la vedova le causa un incidente in cui la donna perde la vista; proprio allora, il nostro eroe decide di radicalizzarsi nel bene (la magnifica ossessione), e l’assurdità prende altre vie. Ma a questo punto Sirk e Russell Metty ci hanno già immersi in una rêverie strana e penetrante, indifferente alle cause e agli effetti in campo, una partitura di colore blu, colore della malinconia, dello spleen, di notti insonni abitate di musica (con eccesso di cori), colore d’un lutto però velato di speranza: i tailleur blu marine di Jane Wyman e Barbara Rush, corsie d’ospedale dove le porte sono dipinte di verdeblu Tiffany, il grigioazzurro del lago, l’apoteosi d’un bacio notturno con primo piano di lillà che cita Hayez ma quanto ad armonia plastica supera il modello. Sirk è un artista del melos, il Technicolor è il suo stradivari. E il suo è un occhio allenato a riconoscere il bello là dove lo vede nascere: in uno studio medico tra le Alpi svizzere (si suppone siamo a Davos, fuori dalle finestre la cartolina d’una montagna incantata), situa bene in vista uno dei capolavori del design americano, la sedia Plywood che Charles e Ray Eames avevano messo in produzione tre anni prima.

Paola Cristalli

Copia proveniente da

Per concessione di Universal Pictures