L’ÉQUIPAGE
Sog.: dal romanzo omonimo (1923) di Joseph Kessel. Scen.: Joseph Kessel, Anatole Litvak. F.: Armand Thirard, Louis Née. M.: Henri Rust. Scgf.: Lucien Aguettand, Lucien Carré. Mus.: Arthur Honegger. Int.: Jean-Pierre Aumont (Jean Herbillon), Annabella (Denise/Hélène), Charles Vanel (tenente Maury), Jean Murat (capitano Thélis), Daniel Mendaille (Deschamps), Suzanne Desprès (Madame Herbillon), Roland Toutain (Narbonne), Raymond Cordy (Mathieu). Prod.: Pathé-Natan. DCP. D.: 104’. Bn.
Scheda Film
Il film si apre con lo stesso fischio di treno che chiudeva Cœur de lilas mentre Jean, giovane ufficiale dell’aviazione francese durante la Prima guerra mondiale, dice addio alla sua amante Denise e parte per il fronte. Lì impara a stimare l’impopolare tenente Maury, di cui diventa il mitragliere, per poi scoprire che è il marito di Denise. Dopo questa rivelazione i due uomini partono per una missione suicida in cui devono compiere la difficile scelta tra lealtà fraterna e ardente passione. L’ultima sequenza dopo la battaglia è puro Litvak: in un gesto di sacrificio Maury finge di non sapere dell’amore di sua moglie per Jean. Le emozioni più profonde vengono nascoste sotto il tappeto e lasciate inespresse.
In questo periodo della sua vita Litvak era alla ricerca di un equilibrio tra l’amore per i movimenti di macchina fluidi e un’analisi più complessa dei personaggi. Di un approccio stilistico, insomma, che informasse il resto della sua carriera. Con L’Équipage Litvak trovò inoltre uno spirito affine nel romanziere, pilota e futuro membro della resistenza Joseph Kessel (l’autore di L’armata degli eroi e Bella di giorno). Il romanzo di Kessel era già stato adattato per lo schermo nel 1928 da Maurice Tourneur, ma l’intesa tra lo scrittore e Litvak, che collaborarono alla sceneggiatura (come in altre quattro occasioni successive), rispecchiava la tensione tra i due piloti nel film. Entrambi conoscevano il significato dell’amicizia maschile con il suo corredo di scherzi da caserma e solenni bevute. Pur sfruttando al massimo quel mondo, il loro interesse andava soprattutto al momento in cui gli uomini tornano nelle loro stanze e devono fare i conti con la paura e il coraggio, la lealtà e il tradimento – il nucleo stesso della loro virilità. La messa in scena di Litvak alterna quindi il chiasso del cameratismo al silenzio spartano della solitudine.
Malgrado il successo del film e il suo sobrio ritratto di un triangolo amoroso dalle sfumature edipiche, il clima antisemita e xenofobo dell’Europa di allora si stava facendo così pesante e insopportabile che per Litvak giunse il momento di volare verso nuovi orizzonti, questa volta in California. È interessante notare che negli Stati Uniti il film uscì un anno dopo il suo remake americano del 1937, The Woman I Love, che fu anche il primo film di Litvak a Hollywood. Andandosene, il regista diede prova di tempismo, perché durante la guerra un giornalista di Vichy incluse il suo nome in una lista di persone responsabili della “decadenza e della sconfitta della Francia”.
Ehsan Khoshbakht