LA TÊTE D’UN HOMME
T. it.: Il delitto della villa. Sog.: dal romanzo omonimo di Georges Simenon. Scen.: Pierre Calmann, Louis Delaprée, Julien Duvivier. F.: Armand Thirard. Mo.: Marthe Poncin. Su.: Marcel Courmes. Mu.: Jacques Dallin. Int.: Harry Baur (il commissario Maigret), Valéry Inkijinoff (Radek), Alexandre Rignault (Joseph Heurtin), Gaston Jacquet (Willy Ferrière), Louis Gauthier (il giudice), Henri Échourin (ispettore Ménard), Marcel Bourdel (ispettore Janvier), Gina Manes (Edna Reichberg). Frédéric Munié (l’avvocato), Armand Numès (direttore della polizia). Prod.: Les Films Marcel Vandal et Charles Delac. Pri. pro.: 18 febbraio 1933 35mm. D.: 98’.
Scheda Film
Georges Simenon era rimasto deluso dai primi film ispirati ai suoi romanzi, La Nuit du carrefour (1932) di Jean Renoir (oggi considerato un capolavoro) e Le Chien jaune (1932) di Jean Tarride. Decise quindi di scrivere egli stesso l’adattamento e addirittura dirigere la versione filmica di La Tête d’un homme (pubblicato nel 1931). Scelse come interpreti Pierre Renoir (già Maigret di Renoir) e Valéry Inkijinoff, attore russo da poco emigrato in Francia. Ma dopo un intoppo finanziario, Simenon si allontanò dal progetto e i produttori lo proposero a Julien Duvivier che mantenne Inkijinoff per il ruolo di Radek e impose per la parte del commissario Harry Baur, che aveva già diretto in David Golder (1931), Les Cinq gentleman maudits (I cavalieri della morte, 1931) e Poil de carotte (Pel di carota, 1932). Seguendo lo snodarsi di un’indagine poliziesca, il romanzo racconta il duello fra due figure antitetiche: il diabolico Radek, studente immigrato ceco, esecutore di un ‘delitto perfetto’ per conto terzi, che, malato incurabile, vuole sfidare la legge, e Maigret. La misantropia e il cinismo di Radek costituivano una materia ideale per l’ispirazione noir di Duvivier che modificò drasticamente la struttura della storia e ne privilegiò la psicologia e l’atmosfera con una voluta accentuazione degli echi dostoevskiani. “Il punto di partenza di questo romanzo m’inquietava. Nel libro di Simenon si tratta di un poliziotto che fa evadere un condannato a morte. […] In un romanzo, evidentemente, si possono far accadere delle cose talvolta inverosimili, ma noi ci troviamo, al cinema, nella necessità di obbedire ad alcune convenzioni e mi sembrava pericoloso imbastire un intero dramma su una base così facilmente discutibile. Ho quindi sottoposto il fatto alle autorità giudiziarie e mi hanno dimostrato che una cosa simile era francamente impossibile. Per metterla in pratica, sarebbe necessario comprare il silenzio di una trentina di funzionari che d’altronde sono, si sa, assolutamente incorruttibili” (“Cinémonde”, n. 225, 9 febbraio 1933). Dopo aver rivelato subito al pubblico quali fossero i colpevoli (mandante e sicario), Duvivier si concentrò sul gioco dialettico fra Radek e Maigret, sulle loro diverse disillusioni che si confrontano in un clima opprimente e corrotto, dove ricorrono inquadrature claustrofobiche e talvolta espressionistiche, spesso in dettaglio sui volti e gli sguardi dei personaggi. Di particolare originalità l’uso del sonoro, soprattutto nella sequenza in cui il falso colpevole viene torchiato durante un tragitto in automobile e non si vedono mai i personaggi che parlano ma il paesaggio che scorre intorno a loro. Le parole della canzone Complainte sono dello stesso Duvivier.
Roberto Chiesi