LA RÈGLE DU JEU

Jean Renoir

Scen.: Jean Renoir, Carl Koch. F.: Jean Bachelet. M.: Marguerite Renoir. Scgf.: Eugène Lourié. Mus.: Roger Désormières. Int.: Marcel Dalio (Marchese Robert de La Chesnaye), Nora Gregor (Christine de La Chesnaye), Roland Toutain (André Jurieu), Mila Parely (Geneviève de Marrast), Jean Renoir (Octave), Julien Carette (Marceau), Paulette Dubost (Lisette), Gaston Modot (Schumacher), Richard Francoeur (signor La Bruyère), Claire Gérard (signora La Bruyère). Prod.: Claude Renoir per Nouvelle Édition Française. DCP. D.: 112’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La Règle du jeu appare come il coronamento degli anni miracolosi di Jean Renoir, il ciclo di nove film iniziato con Toni (1934). Riflette su diessi e li rovescia. A posteriori, si può osservare in quasi ciascuno di essi la presenza della morte violenta. L’accordo di Monaco fece infuriare Renoir, secondo il quale La Règle du jeu era un film sulla guerra non meno di La grande illusione. È un resoconto della condizione spirituale della Francia nel 1939, un anno prima della drôle de guerre e dell’occupazione. L’accoglienza fu nella maggior parte dei casi così terribile e ottusa che di fatto spinse Renoir all’esilio. La Règle du jeu è un film senza protagonisti e scene chiave. Renoir volle creare un film d’insieme, in gran parte con i caratteristi che amava. L’analisi di alcune sequenze può chiarire la qualità peculiare della messa in scena. Verso la fine della sequenza della caccia c’è una scena in cui il Marchese e Geneviève si parlano con franchezza. Lui le confessa che non la ama più. È tempo di separarsi. Altrove fa la sua comparsa un cannocchiale tascabile.
Tra le immagini più belle di Renoir c’è un campo lungo in cui la macchina da presa vacilla leggermente. Da dove viene l’intensità di questainquadratura? È il perfetto riflesso di un ricordo in un film che, senza la stampella dei flashback, mostra la forza del passato che perseguita il dramma del presente e ne fa parte.
Così Renoir commentò le circostanze apparentemente improvvisate della produzione: “Il significato dei personaggi e degli eventi esoprattutto il lato allegorico del film covavano in me da molto tempo. Desideravo fare qualcosa di simile: illustrare una ricca, complessasocietà in cui – per usare la storica frase – stavamo ballando su un vulcano”.
È un film sulle relazioni amorose, ma nessuno fa l’amore, nessuno ha figli. Renoir cattura un limbo nella residenza di caccia, nella comunità, nella società, in Francia… un limbo senza atti d’amore ma molti segni di violenza. Ciascuna delle dramatis personae contribuisce con gesti e pensieri alla catena di eventi che porta alla morte dell’eroe nazionale, André Jurieu. Un certo incontro nel finale del film è particolarmente toccante: Marceau e Octave, due figure marginali, escono dalla scena in cui è avvenuta la morte. L’inquadratura ha un peso allegorico. Riassume la fine del cinema francese degli anni Trenta e di un’intera epoca.

Peter von Bagh, Kymmenen elokuvaa [Dieci film], Love Kirjat, Helsinki 1984

 

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Copia proveniente da

Per concessione di Les Grands Films Classiques. Restaurato in 4K da La Cinémathèque française e Les Grands Films Classiques in collaborazione con The Criterion Collection, Janus Films, Cinémathèque suisse con il sostegno di Chanel presso il laboratorio Hiventy, a partire da un controtipo composito e in gran parte nitrato. Il restauro sonoro è stato curato da L.E. Diapason, a partire da un controtipo sonoro nitrato e dal negativo del mix del 1959