KLJUČI SČAST’JA
T. int.: The Keys to Happiness. Sog.: dal romanzo omonimo di Anastasija Verbickaja. Scen.: Anastasija Verbickaja, V. Toddi [Vladimir Vol’berg]. F.: Georges Meyer, Aleksandr Levickij, Giovanni Vitrotti [riprese in Italia]. Scgf.: Česlav Sabinskij. Int.: Vladimir Maksimov (barone Steinbach), Ol’ga Preobraženskaja (Manja El’cova), M. Trojanov (Nelidov), Aleksandr Volkov (poeta Harald), Kojranskij (Jan), Vladimir Šaternikov (zio di Steinbach, ebreo pazzo), Jasmine (Sonja Gorlenko), Evgenija Uvarova (madre di Manja), Vladimir Gardin (zio di Manja), Tokarskij (fratello di Manja). Prod.: Società P. Timan e F. Reinhardt. Pri. pro.: 7 ottobre 1913. 35mm. L.: 75 m (frammento). D.: 4’ a 18 f/s. Bn.
Scheda Film
Adattamento dell’omonimo popolarissimo romanzo del 1909 di Anastasija Verbickaja incentrato su una donna sessualmente e creativamente libera, il film uscì quattro anni dopo la pubblicazione del libro e per poco non divenne il maggiore successo del cinema russo prerivoluzionario. Le chiavi della felicità segna il debutto cinematografico dell’attrice teatrale Ol’ga Preobraženskaja nel ruolo della nietzschiana ‘donna nuova’. Vladimir Gardin (che figura anche tra gli interpreti) è qui alla sua prima regia: il film è co-diretto con Jakov Protazanov, nome già affermato della premiata ditta TimanReinhardt. Fin da questo primo film Gardin applica il suo metodo di lavoro con l’attore, che consiste nel frenare le emozioni che precedono un’esplosione estatica, e indica nella Preobraženskaja l’incarnazione più efficace e sensibile della sua teoria. Allieva di Stanislavskij, l’attrice esercitò con una certa maestria “il dominio delle emozioni, per dare la possibilità di leggere sul suo volto ciò che accade nell’animo dell’eroina”, e nella scena culminante del suicidio di Manja El’cova si calò così tanto nel ruolo da cadere in uno stato di semi-incoscienza. Il debutto cinematografico della Preobraženskaja e di Gardin fu un grande successo e li premiò con lauti guadagni: batté al botteghino perfino Quo Vadis? di Enrico Guazzoni. Il film, composto anche da scene girate in Italia dall’operatore Giovanni Vitrotti, costò moltissimo per l’epoca. Grazie agli incassi, tuttavia, i produttori non solo si ripagarono le spese ma ristrutturarono completamente lo stabilimento cinematografico. I distributori si rivolsero così ai gestori delle sale: “Se volete che ci siano più rubli nelle casse dei vostri cinema che metri di pellicola, affrettatevi a mettervi in fila per Le chiavi della felicità di A. Verbickaja, lungo cinquemila metri”. La rivista “Cine-phono” (n. 27, 1913) giudicò il film un capolavoro che inaugurava il passaggio a una nuova era della cinematografia russa. Il film è stato considerato perduto fino al 2007, quando negli studi cinematografici Lenfil’m è stato ritrovato un piccolo frammento, subito affidato al Gosfilmofond, appartenente a un film di montaggio realizzato nel 1940 in occasione del genetliaco di Vladimir Gardin.
Natal’ja Nusinova