KING OF JAZZ
Scen.: Harry Ruskin. F.: Hal Mohr, Jerome Ash, Ray Rennahan. M.: Robert Carlisle, Maurice Pivar. Scgf.: Herman Rosse. Mus.: Milton Ager, Harry De Costa, George Gershwin, Billy Rose, Mabel Wayne, Jack Yellen. Int.: Paul Whiteman and His Band, John Boles, Laura La Plante, Jeanette Loff, Glenn Tryon, William Kent, Slim Summerville, Merna Kennedy, The Rhythm Boys featuring Bing Crosby. Prod.: Carl Leammle Jr. per Universal Pictures Corp. DCP. D.: 100′. Bn.
Scheda Film
Grazie al restauro della Universal, che ha usato come guida il negativo colonna originale, il film – disponibile per anni in copie mediocri e incomplete – è oggi più vicino alla forma in cui uscì. Il negativo camera Technicolor a due colori (tagliato in occasione di una nuova uscita in sala nel 1933) è stato scansionato a risoluzione 4K prima di aggiungervi ulteriori sequenze ricavate da varie copie dye transfer. Una piccola quantità di materiale mancante è stata ricostruita con singoli fotogrammi sull’audio originale. Per la prima volta dopo quasi ottantacinque anni, gli spettatori potranno vedere e ascoltare King of Jazz in una forma più fedele alla lunghezza, al montaggio e alla qualità visiva dell’originale.
King of Jazz fu uno dei musical più ambiziosi di Hollywood. La superproduzione della Universal mise insieme Paul Whiteman, direttore della principale orchestra da ballo americana; John Murray Anderson, artefice di spettacolari riviste a Broadway; un cast stellare di ballerini e cantanti; la lucentezza del primo Technicolor; e un budget quasi illimitato. Il risultato fu un singolare connubio tra schermo e palcoscenico – privo di trama e praticamente di dialoghi – che offriva un’incomparabile interpretazione cinematografica della musica jazz e della rivista musicale.
Paul Whiteman era allora all’apice della fama potendo contare sui migliori artisti jazz americani, compreso un giovane Bing Crosby. Il paffuto direttore d’orchestra firmò con la Universal per la cifra strabiliante di duecentomila dollari, ma il problema era trovare una sceneggiatura all’altezza. Dopo i tentativi falliti di declinare il film prima come biopic e poi come backstage drama, la Universal scelse il formato della rivista. Per la regia la scelta cadde su John Murray Anderson, secondo solo a Flo Ziegfeld (che non era disponibile) e ideatore delle innovative Greenwich Village Follies a Broadway. Anderson – completamente a digiuno di cinema – arruolò uno stuolo di talenti straordinari e li abbinò ai divi della Universal. Costato complessivamente due milioni di dollari, il film non aveva nessuna possibilità di rientrare nella spesa. Andò male negli Stati Uniti, dove i musical non erano più richiesti, ma si rifece all’estero, incassando un milione e duecentomila dollari.
James Layton e David Pierce