Kaagaz Ke Phool

Guru Dutt

T. it.: Fiori di carta. T. int.: Paper Flowers. Scen.: Abrar Alvi. F.: V.K. Murthy. M.: Y.G. Chawhan. Scgf.: M.R. Achrekar. Mus.: S.D. Burman. Canzoni: Kaifi Azmi. Int: Guru Dutt (Suresh Sinha), Waheeda Rehman (Shanti), Baby Naaz (Pramila  Sinha), Johnny Walker (Rocky), Mahesh Kaul (Rai Bahadur Verma), Veena (Veena Varma/Veena Sinha), Minoo Mumtaz (veterinario), Niloufer, Sulochana Devi, Sheila Vaz. Prod.: Guru Dutt per Guru Dutt Films
35mm. D.: 144′. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Capolavoro oscuro e malinconico, Kaagaz ke Phool esplora la finzione del mondo del cinema. Film quasi autobiografico, narra le vicende di un regista descrivendo il fallimento, l’oblio e la morte quali esiti inevitabili del suo percorso. Quasi una premonizione, dato che Kaagaz ke Phool fu un fiasco dal punto di vista commerciale e Guru Dutt smise di fare film, precipitando in uno stato di depressione che nel 1964 lo portò al suicidio. La trama ruota attorno a Suresh Sinha, regista cinematografico di successo in piena crisi coniugale. L’uomo conduce alla fama la giovane Shanti, ma i pettegolezzi sulla loro relazione turbano la figlia di Suresh: per il bene di quest’ultima, Shanti abbandona il cinema. La fortuna di Suresh inizia a declinare e l’uomo comincia a bere, perdendo lentamente il controllo della propria vita.

Il regno delle ombre
Creatore di immagini indimenticabili, Guru Dutt è oggi considerato uno dei maestri del cinema mondiale.
Molti storici e critici vedono le canzoni del film, sine qua non del cinema indiano, come una deviazione dal linguaggio realistico o come una concessione al botteghino. Ma alcuni dei più grandi registi indiani hanno saputo elevare le canzoni ad altissimi livelli di lirismo e di intensità drammatica. Guru Dutt fu sicuramente tra coloro che meglio praticarono questa forma. Nella sua breve ma abbagliante carriera si mosse con disinvoltura tra la lingua parlata del dialogo e le parole misurate dei versi delle canzoni, coniugando armoniosamente le due componenti grazie a un uso magistrale del montaggio.
Kaagaz Ke Phool fornisce molteplici esempi del suo talento. Nei primi dieci minuti del film, immagini di grande intensità scorrono fluide in un flashback. Preferendo alla narrazione lineare un abile lavoro di montaggio, Guru Dutt crea una sequenza di straordinaria bellezza lirica. I vasti spazi del teatro di posa – con le sue luci e i suoi angoli bui, i soffitti alti, le passerelle, le gru e i dolly, tutti immersi in trame complesse di luci e ombre – sono valorizzati al massimo dal formato Cinemascope del film.
Kaagaz Ke Phool fu il primo film indiano in Cinemascope. Guru Dutt, regista visionario, capì quello che questo formato poteva offrire al suo film sull’industria del cinema e su un artista che si sforza di conservare la propria creatività, e si avvalse del formato per esprimere la solitudine di un uomo circondato da vasti spazi insensibili al suo dolore. Era il 1959, un anno prima che i maestri del cinema europeo esplorassero le potenzialità artistiche (contrapposte a quelle meramente spettacolari) del Cinemascope con film quali L‘avventura (1960), La dolce vita (1960) e 8 ½ (1962).
Guru Dutt usava l’illuminazione per cogliere il bagliore di uno sguardo e il guizzo di un muscolo facciale, facendoli parlare con un’eloquenza e una grazia rare. Con il suo operatore V.K. Murthy creò immagini malinconiche e introverse dominate da ricchi e soffici neri ed evocò atmosfere di cupo presagio. Il mondo in cui viene trascinato lo spettatore è onirico, con le sue leggi di luci e ombre.

Arun Khopkar