IL FUOCO
Scen.: Giovanni Pastrone, Febo Mari. F.: Segundo de Chomón. Int.: Pina Menichelli (la poetessa), Febo Mari (il pittore Mario Alberti), Felice Minotti. Prod.: Itala Film, Torino · 35mm. L.: 1038 m. (incompleto, l. orig.: 1100 m.). D.: 51’ a 18 f/s. Da originale imbibito e virato.
Scheda Film
Un’automobile di lusso si ferma in una strada di campagna. Lo chauffeur accorre ad aprire lo sportello. Lei, poetessa il cui nome allo spettatore non è dato conoscere, si sporge per gettare tutt’intorno il suo sguardo rapace. Ed è subito diva. Pina Menichelli non era ancora famosa all’epoca dell’uscita di Il fuoco ma quando il suo volto di donna-gufo fa la sua prima apparizione sullo schermo, è immediatamente chiaro che a imporsi non è solo il carisma di una nuova attrice ma anche un modello inedito di dark lady distaccata e fatale. Con una donna simile la favilla del primo incontro e la fiamma della passione non possono che bruciare rapidamente, lasciando sul loro cammino solo cenere. È lei stessa ad avvisare del rischio l’ingenuo pittore interpretato da Febo Mari, infrangendo la lampada a olio sul tavolo e dando così occasione a Segundo de Chomón di prodursi in uno splendido e giustamente famoso effetto luministico. Troppo tardi, l’uomo è già completamente soggiogato: l’estasi e l’ispirazione artistica riscuoteranno il loro credito di follia e ossessione, così come prevedono le leggi del melò, di cui Il fuoco rappresenta probabilmente l’esempio più compiuto nella produzione muta italiana.
Giovanni Pastrone, reduce dai fasti di Cabiria, assume lo pseudonimo di Piero Fosco e lavora di sottrazione, focalizzandosi su due soli personaggi, raffreddando le passioni estreme con una messa in scena calibratissima, in cui la composizione degli elementi in campo risponde sempre non solo alle leggi dell’equilibrio compositivo ma anche ai valori simbolici di cui personaggi e oggetti sono portatori.
Il restauro di Il fuoco è stato realizzato dal Museo Nazionale del Cinema nel 1991 presso il laboratorio Favro di Torino a partire da un controtipo negativo stampato negli anni Sessanta, a sua volta proveniente da un negativo nitrato non montato oggi scomparso. Il ripristino dell’ordine di montaggio, delle colorazioni e delle didascalie d’epoca è stato realizzato sulla base dei materiali di produzione originali conservati dal Museo.
Stella Dagna, Claudia Gianetto