FROU-FROU

Augusto Genina

T. alt.: Perduta per amore. Sog.: dal romanzo omonimo di Cecil Saint-Laurent. Scen.: A.E. Carr, Cécil Saint-Laurent, Marc-Gilbert Sauvajon, Alessandro De Stefani. F.: Henri Alekan. M.: Mario Russo, Suzanne Rondeau. Mus.: Louiguy. Int.: Dany Robin (Antonietta ‘Frou Frou’), Gino Cervi (principe Vladimiro Petrovic), Philippe Lemaire (Paolo Artus), Jean Wall (Sabatier), Louis de Funès (colonnello Cousinet Duval), Mischa Auer (granduca Alexis), Ivan Desny (Henri de Gaspard), Isabelle Pia (Michela), Marie Sabouret (granduchessa Anna Ivanovna), Umberto Melnati (Dubois). Prod.: Albert Caraco per Cinefilms-Italgamma-Films, Gamma Film. 35mm. D.: 112’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Se Maddalena è uno dei vertici del mélo anni Cinquanta (da leggere magari in parallelo con L’angelo bianco), il vero testamento spirituale di Genina è Frou-Frou, girato dal regista ormai malato su sceneggiatura di A.E. Carr, Cécil Saint-Laurent e Marc-Gilbert Sauvajon con la collaborazione di Alessandro De Stefani. Oggi completamente dimenticato e di difficile visibilità, l’ultimo film di Genina è un riepilogo della poetica di un regista che aveva esordito negli anni Dieci e aveva conosciuto la belle époque. Rievocazione della vita di una cortigiana e accalappiauomini che non trova la felicità, è in realtà un’elegia sincera per il suo spirito libertino e nostalgico, che ricorda semmai certi film coevi di Renoir o Clair. Il mondo che racconta è deformato dalla memoria e sepolto nelle sue nebbie: per farne risaltare la distanza, l’intera vicenda è raccontata in flashback dalla protagonista alla figlia, tipica ragazza degli anni Cinquanta. Molti i punti in comune con i film ‘mitteleuropei’ di quegli anni, primo fra tutti Lola Montès di Ophüls. Ma, nonostante il fascino della ricostruzione d’epoca (bellissima fotografia a colori in CinemaScope di Henri Alekan), il personaggio centrale è solo un tramite che conduce lo spettatore in mondi variopinti, e il gusto affettuoso del bozzetto a tratti va a scapito di una malinconia più profonda. I momenti migliori li regalano i personaggi maschili di contorno: memorabile il monologo di Mischa Auer che racconta come ha perso tutti i denari investiti in valute estere. Sorprendente, nell’edizione originale, la scena dell’orgia in costume settecentesco, piena di ragazze a seno nudo, che poi viene incrociata con un mambo.

Emiliano Morreale

 

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

Per concessione di Films de la Pléiade. Copia technicolor