EL HOMBRE QUE QUISO SER SEGUNDO
Sog., scen.: Ramón Alòs, Leonardo Marini. F.: Ximo Fernández. M.: Luca Manes. Sngf.: Luis Sorando. Mus.: Andreu Alòs. Int.: Enrico Vecchi (Ramón), Juan M. Company (professor Company), Ramón Langa (Segundo/ Primo De Chomón), Maribel Bayona (Julienne). Prod.: César Pérez per Bígaro Films, Gaizka Urresti, Mood Film (Italia). DCP. Bn e Col.
Scheda Film
Nel 1995 Peter Jackson e Costa Botes misero in circolazione un meticoloso (e falso) documentario, La vera storia del cinema, che celebrava i pionieristici contributi di un misterioso cineasta neozelandese, Colin McKenzie, che, secondo le evidenze presentate, sarebbe stato il vero scopritore del travelling, del dettaglio e di altre invenzioni linguistiche. Naturalmente si trattava di un elaborata burla – McKenzie non è mai esistito –, però il film, al di là del gioco cinefilo, affermava la possibilità – e forse l’esigenza – di indagare nelle zone d’ombra di consolidati canoni cinematografici per proporre letture alternative di una serie di dogmi (di fede) tramandati nel tempo. Le storie del cinema attribuiscono il primo utilizzo del travelling all’aragonese Segundo de Chomón, mentre era impegnato come operatore sul set di Cabiria (1914) di Giovanni Pastrone. Chomón, che nel 1909 adattò liberamente L’uomo invisibile di H.G. Wells nel corto Le Voleur invisible (1909), è stato tradizionalmente una figura condannata all’invisibilità, sotto l’ingiusto e limitante appellativo di ‘Méliès spagnolo’. Una circostanza che questo eccentrico film di Ramón Alós cerca di confutare attraverso la dissoluzione delle frontiere fra finzione e realtà, e la successiva articolazione e disarticolazione di una leggenda.
Mescolando ricostruzioni drammaturgiche, animazioni, numerosi frammenti delle opere del cineasta e testimonianze di esperti, il film ruota intorno alla figura fantasmatica del fratello gemello di Chomón: un gioco di specchi finalizzato a colmare un oblio che, nello stesso tempo, pone un interessante enigma cinefilo per la cui risoluzione risulta chiave la figura del ventriloquo Francisco Sanz Baldoví. Pur non riuscendo ad armonizzare tutti i toni, Alós ci offre una stimolante lettura di Chomón come tormentato artefice della caduta del suo stesso mito ed emblema del passaggio da una poetica artigianale all’industria dell’incantamento.
Jordi Costa, La mitad oscura, “El País”, 26 maggio 2016