DIE MARTINSKLAUSE
T. int.: The Cloister of Martins. Sog.: dal romanzo omonimo (1894) di Ludwig Ganghofer. Scen.: Peter Ostermeier. F.: Josef Illig, Franz Koch. M.: Claus von Boro. Mus.: Bernhard Eichhorn. Int.: Willy Rösner (Waze), Gisela Fackeldey (Recka), Heinz Engelmann (Eberwein), Paul Richter (Sigenot), Ingeborg Cornelius (Edelrot), Ferdinand Anton (Ruedlieb Schönauer), Sepp Nigg (Wambo), Walter Janssen (Waldram). Prod.: Peter Ostermayr per Peter Ostermayr-Film GmbH. 35mm. Bn.
Scheda Film
Richard Häußler fu – con Hans Heinz König – il più importante autore di Heimatfilm più piccoli e anticonvenzionali. Con Die Martinsklause dimostrò con vigore e inventiva tutto ciò che si poteva fare con un romanzo di Ludwig Ganghofer, scrittore dai dubbi meriti artistici e dalle idee politiche discutibili ma di straordinario richiamo popolare, le cui opere furono trasposte sullo schermo sin dai tempi del muto. Se romanzi quali Der Jäger von Fall. Eine Erzählung aus dem bayerischen Hochlande (1883), Schloß Hubertus (1895) e Das Schweigen im Walde (1899) furono adattati più volte, Die Martinsklause ispirò solo questo film, forse perché ambientato nel Medioevo.
Alcune terre della regione di Berchtesgaden, appartenenti all’ordine di Sant’Agostino, sono amministrate da un certo Waze. Questi è un farabutto corrotto, che si dice inganni non solo i monaci ma anche il reggente di Salisburgo, il quale dovrebbe ricevere le tasse che Waze riscuote a nome dell’ordine. Per indagare su queste voci, un canonico di nome Eberwein si reca nel territorio controllato da Waze… Ci vogliono alcuni gravi tumulti contadini e perfino un segno di Dio per porre fine al regno del terrore di Waze e ripristinare la quiete e la dignità cristiane.
L’atmosfera bigotta che aleggia nel film faceva in realtà parte della sua strategia di marketing, con il trailer che prometteva “un’elevata etica cristiana”: a quei tempi Dio vendeva. Più interessante da una prospettiva moderna è il modo in cui Häußler introduce tocchi noir e perfino accenni gotici nell’ambientazione d’epoca del film, stile che continuerà a esplorare nel nevrotico melodramma post-bellico a sfondo giallo Das Dorf unterm Himmel (1953), nel quale appare anche la favolosa Gisela Fackeldey.
Olaf Möller