CONTE CRUEL
Sog.: dal racconto La Torture par l’espérance (1883) di Auguste de Villiers de l’Isle-Adam. Scen.: Charles Spaak, Gaston Modot. Int.: Gaston Modot. Prod.: Emile Natan per Natan Productions, Pathé-Natan. DCP. D.: 34’. Bn.
Scheda Film
Nel 1928 Gaston Modot è sul set dell’ambiziosa produzione cinematografica La Merveilleuse vie de Jeanne d’Arc, fille de Lorraine diretta da Marco de Gastyne. Di giorno vi interpreta un ruolo secondario, quello di Lord William Glasdal, comandante delle Tourelles. Di notte, o tra una ripresa e l’altra, lavora a un progetto completamente diverso: l’adattamento cinematografico di un racconto, La Torture par l’espérance, tratto dalla raccolta intitolata Nouveaux contes cruels di Auguste de Villiers de l’Isle-Adam.
Sfruttando le circostanze propizie, la precaria produzione di Conte cruel riduce i costi al minimo e riutilizza le scenografie (l’abbazia di Mont-Saint-Michel, la basilica di Vézelay), le attrezzature, alcuni attori e un’équipe tecnica, più modesta, del costoso film di Marco de Gastyne che beneficia di sovvenzioni, autorizzazioni e agevolazioni da parte delle autorità e della Chiesa.
Conte cruel, unica regia di Gaston Modot, è un film dell’ombra. L’ombra della luminosa Giovanna d’Arco, figura eroica attraverso la quale ci si appresta a commemorare i cinquecento anni della liberazione di Orléans, e l’ombra tenebrosa di una prigione dov’erano torturati gli eretici che si rifiutavano di abiurare di fronte all’Inquisizione spagnola alla fine del XV secolo. Conte cruel evoca quindi l’ombra attraverso il suo soggetto e le sue forme. Al di là del misticismo e delle sue derive oscurantiste, il personaggio interpretato da Gaston Modot si fa strada verso la luce. Possiamo seguire il suo cammino in una lettura puramente cinematografica in cui le ombre, inizialmente dense e confuse, si separano per lasciare spazio alle sfumature. Come regista Gaston Modot dimostra una notevole maestria nella composizione delle inquadrature pervase dal terrore del condannato a morte che tenta di fuggire. La macchina da presa a mano, tremolante, così come le sovrimpressioni altrettanto soggettive e allucinate, accompagnano l’uomo braccato in un movimento ispiratissimo.
Conte cruel esce nel 1930, in un periodo in cui il cinema sonoro viene portato alle stelle come tutte le novità tecnologiche, al punto da rendere obsoleto il cinema precedente, che dovrà scontare uno svantaggio imprevisto e che sarà chiamato “muto” per retronimia. Dobbiamo vedere nell’ingiunzione rivolta al condannato in Conte cruel una descrizione inconscia della condanna di un cinema che si rifiuta di parlare?
Mehdi Taibi