ČELOVEČESKIE BEZDNY / HUMAN ABYSSES
Scen.: Liverij Avid. Int.: Ivan Perestiani (Pemov, ingegnere), Ada Šelepina (Lina, sua moglie), Vitol’d Polonskij (Rokotov, avvocato), Andrej Sotnikov (Žuritskij, giornalista). Prod.: A. Chanžonkov and Co. DCP. D.: 14’. Col. (da un nitrato imbibito e virato).
Scheda Film
Dei circa 2600 film prodotti nella Russia pre-sovietica, solo 352 risultano essersi conservati: meno del 14%. La maggior parte di questi è sopravvissuta in forma frammentaria, senza didascalie né tantomeno viraggi e imbibizioni. I due film pre-rivoluzionari scoperti allo Šiaulių „Aušros“ muziejus in Lituania sono anch’essi incompleti, ma le didascalie ci sono (almeno in parte), e i colori sono autentici. Già questo basta a fare di essi un ritrovamento prezioso. Čelovečeskie bezdny è un esempio eccellente dello ‘stile elevato’ perfezionato nei melodrammi di Evgenij Bauer. Scenografo di formazione, Bauer si affidava a drappeggi, tende e colonne che dividevano il set in sezioni ma servivano anche a nascondere le luci. Mensole, caminetti e divani avevano la stessa funzione. Tutto ciò creava una notevole profondità e a volte produceva un effetto quasi stereoscopico. La stampa contemporanea si mostrava comprensiva: “Anche se la gente non vive in stanze del genere e simili lampade non esistono nella vita reale, crea un’impressione, produce un effetto, e questo è decisamente superiore alla più fervida creatività dei registi che si vantano della loro fama”. Per quanto riguarda gli attori, il loro compito principale era quello di porre in risalto l’integrità dell’inquadratura ben bilanciata, di muoversi in armonia con le scenografie – in diagonale, se possibile. Il materiale superstite di Čelovečeskie bezdny è così frammentario che la trama e la recitazione diventano irrilevanti. Il che, a ben pensarci, enfatizza l’essenza dello stile di Bauer, che trasforma il film in un misto di architettura e balletto.
Daniel’ Rok, al contrario, è cinema di facile consumo, uno dei tanti tentativi di creare un film d’azione seguendo le orme dei danesi, dei francesi e degli americani. Un buon quarto dell’industria cinematografica russa pre- rivoluzionaria consisteva di film come questo. Il dramma ambientato nel mondo del circo era quasi un sottogenere a sé stante. Ciò che distingue il film è la partecipazione di veri artisti circensi, alcuni dei nomi più importanti del settore, molti dei quali mai più apparsi sullo schermo. Si vorrebbe vederli eseguire i loro numeri più celebri, come nel caso di Sergej Al’perov e di suo figlio Dmitrij Al’perov, leggendari acrobati. Invece Williams Truzzi, probabilmente il più famoso fantino da circo russo dell’epoca, interpreta il cattivo, Tamara Gamsakurdia, nei panni di una ballerina a cavallo, è la sua vittima innocente, e Nikolaj Nikitin, che presto diventerà proprietario e direttore del circo di Mosca, è il nobile eroe.
Acquisite dal museo della fotografia „Aušros“” nel 1983, insieme a un proiettore ad arco di carbone, queste due pellicole furono sviluppate solo 25 anni dopo, quando vennero riscoperte da Vilija Ulinskytė-Balzienė, la nuova direttrice del museo. Il restauro iniziò dieci anni dopo, su iniziativa di Aleksas Gilaitis, un restauratore indipendente. Purtroppo a quel punto le pellicole erano in un grave stato di decomposizione e gran parte del materiale dovette essere scartato.
Peter Bagrov