BECKY SHARP

Rouben Mamoulian

Sog.: dal romanzo Vanity Fair (1848) di William Makepeace Thackeray e dalla pièce omonima (1899) di Langdon Mitchell. Scen.: Francis Edwards Faragoh. F.: Ray Rennahan. M.: Archie Marshek. Scgf.: Robert Edmond Jones. Int.: Miriam Hopkins (Becky Sharp), Frances Dee (Amelia Sedley), Cedric Hardwicke (marchese di Steyne), Billie Burke (Lady Bareacres), Alison Skipworth (Miss Crawley), Nigel Bruce (Joseph ‘Joss’ Sedley), Alan Mowbray (Rawdon Crawley), G.P. Huntley Jr. (George Osborne), William Stack (Pitt Crawley), William Haverham (duca di Wellington). Prod.: Kenneth Macgowan per Pioneer Pictures, Inc.. DCP. D.: 84’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Becky Sharp, la bionda protagonista della Fiera delle vanità di Thackeray, è una spregiudicata e seducente arrampicatrice sociale nell’Inghilterra di inizio Ottocento. Il ritratto che Mamoulian fa di Becky in questa satira sulla vita aristocratica ce la mostra però non come un’opportunista ma come una gaudente che sovverte maliziosamente i rapporti di potere tra i sessi. Il sistema Technicolor a tre strisce esalta il mondo eccessivo di Becky. Questo procedimento a colori, in precedenza usato solo in cortometraggi o per alcune scene all’interno di film in bianco e nero, figura qui per la prima volta in un lungometraggio interamente a colori. Le riprese furono affidate all’attore e regista part-time (non particolarmente brillante) Lowell Sherman. Sherman morì durante la lavorazione e l’incarico fu affidato a Mamoulian, che ripartì da zero. Il georgiano di origini armene, autore di una serie di grandi film a partire dal 1931 e che aveva alle spalle una carriera tra le più coerenti e sostanziose del sonoro americano, era noto per l’abilità con cui sapeva esprimere la propria visione con la luce, il movimento e ora anche con il colore. Il Technicolor voleva sedurre lo spettatore, Mamoulian voleva raccontare la sua storia con il colore. La stabilità della temperatura del colore non lo preoccupava. Nella sequenza del ballo un’improvvisa inquadratura dall’alto dà l’impressione di passare da un dipinto a olio a un acquerello, con i colori che colano dai contorni delle figure. Lo schema cromatico è dominato dagli azzurri pallidi, dai gialli sgargianti, dai cremisi e dai grigi chiari usati prevalentemente per gli sfondi. Il critico Tom Milne osserva come i colori definiscano gli umori di Becky con “gli azzurri chiari per la tenera ingenuità, il giallo squillante per i momenti di trionfo”, mentre nella scena del ballo “i blu, i verdi e i gialli si esauriscono gradualmente lasciando lo schermo soffuso da un crescendo di rosso”. L’iniziale fiasco al botteghino e successivamente la circolazione di pessime copie (che usavano l’inferiore Cinecolor, un procedimento a due colori) diedero l’impressione che Becky Sharp non fosse degno della fama del suo regista. Questo decisivo restauro lo rivela finalmente come uno dei migliori film realizzati da Mamoulian negli anni Trenta.

Ehsan Khoshbakht

Copia proveniente da

per concessione di Park Circus.
Restaurato in 4K nel 2017 da Paramount Pictures a partire da copie negative e positive 3-strip Technicolor originali presso Technicolor Creative Services. Un ringraziamento speciale a Robert Gitt, Richard Dayton e Eric Aijala.