ARAB ISRAELI DIALOGUE
F., M.: Louis Brigante. Int.: Rashed Hussein, Amos Kenan. Prod.: Shunmugam A. Pillay, Lionel Rogosin per Impact Films. DCP. D.: 40’. Bn / Col.
Scheda Film
Nel 1974 ho girato Arab Israeli Dialogue, un film su una tematica che mi stava a cuore da molto tempo avendo io forti legami con Israele fin dalla fondazione dello stato nel 1948. Mio padre vi aveva avviato un’importante azienda tessile nel 1957 su mio incoraggiamento, e io avevo tentato di mettere insieme un film a basso costo per il decimo anniversario di Israele. Quando vivevo laggiù, all’inizio degli anni Sessanta, ho partecipato alle attività dei pacifisti legati alla rivista “New Outlook” e ho iniziato a lavorare a una sceneggiatura per un film intitolato The Semites che doveva tracciare i rapporti tra gli arabi e gli ebrei nella storia. Ancora una volta non sono stato in grado di finanziare il progetto, ma dieci anni dopo a New York ho assistito a un’appassionata conversazione tra due miei amici, il poeta palestinese Rashid Hussein e il giornalista israeliano Amos Kenan, e ho deciso di girare Arab Israeli Dialogue. Il film – le cui riprese sono durate due pomeriggi, mentre il montaggio mi ha preso un paio di settimane – era composto da un’altra conversazione spontanea tra Hussein e Kenan e da filmati da me girati in Israele nel 1953. Era un film molto semplice, molto crudo ma anche molto onesto e molto diverso da quello che si faceva all’epoca. Fu criticato dagli estremisti di entrambe le parti, ma a molti piacque perché era diverso. La televisione pubblica me lo rimandò indietro, manco fosse stato una bomba.
Lionel Rogosin (estratto dall’autobiografia)
La Cineteca di Bologna è orgogliosa di riprendere, con Arab Israeli Dialogue, un discorso brevemente interrotto. L’obiettivo è quello di recuperare integralmente l’opera di Lionel Rogosin, in collaborazione con gli eredi. I film che abbiamo restaurato negli anni passati (On the Bowery, Come Back Africa, Good Times, Wonderful Times, Black Roots), e su cui torneremo per realizzare nuovi master digitali, hanno ampiamente dimostrato l’enorme valore del cinema di Rogosin, e hanno permesso una sua necessaria riscoperta internazionale.
Rogosin è un regista segnato da un profondissimo umanesimo e mosso da una curiosità incessante. Il suo è un cinema che intende gettarsi a capofitto nella vita senza partiti presi, e che per questo rinnova le sue forme a ogni nuova esperienza. Nei prossimi anni ci aspetteranno grandi cose: l’amore interraziale venato di psichedelia di Black Fantasy (1972), le lotte cooperative tra i boscaioli in Mississippi e Alabama di Woodcutters of the Deep South (1973), la vertiginosa follia surreale di Oyster Are in Season e How Do You Like Them Bananas (1966). Crediamo che ognuno di questi titoli potrà lasciare un segno profondo.
Andrea Meneghelli