AMLETO
S.: dalla tragedia di William Shakespeare. Sc.: Eleuterio Rodolfi. F.: Luigi Fiorio. Scgf.: Antonio Rovescalli. Cost: Caramba. In.: Ruggero Ruggeri (Amleto), Elena Makowska (Ofelia), Mercedes Brignone (la regina), Armand Pouget (il re), Gerardo Peña (Laerte). P.: Rodolfi-Film, Torino. L.O.: 2270m. D.: 70’. 35mm.
Scheda Film
Il film, per lungo tempo creduto perduto, è stato ritrovato presso la Cinémathèque de Toulouse, e rappresenta uno dei primi e più consapevoli tentativi di rapporto tra teatro e cinematografo. Artefici dell’esperimento, non troppo compreso all’epoca, sono Eleuterio Rodolfi, una delle figure di maggiore interesse del cinema muto italiano, da riscoprire nelle opere (da lui dirette e prodotte) presentate in questo programma, e uno dei “mostri sacri” della tradizione teatrale, Ruggero Ruggeri. Così parla del film lo storico del teatro Gerardo Guccini nel suo saggio “Il grande attore e la recitazione muta” pubblicato nel volume Sperduto nel buio edito in occasione della XX MICL nella collana Cappelli Spettacolo.
“Nel 1917, due anni dopo aver interpretato Amleto in teatro, Ruggeri rivestì per lo schermo i panni del principe danese. In Italia, era quella la quarta versione cinematografica dell’opera, ma la prima che si valesse di un attore di grande prestigio e di un allestimento accurato (le scene erano di Rovescalli e i costumi di Caramba). Ruggeri trovò una linea interpretativa che alternava momenti statici basati su poche e prolungate pose e momenti dinamici in cui l’attore tendeva ad occupare l’intero spazio (ad esempio, allorché incomincia a simulare la pazzia, Amleto salta su un tavolo, mentre, durante il colloquio con Ofelia, passeggia lungo una linea diagonale alle spalle della donna). Da rilevare è inoltre una sorta di recitazione a labbra serrate che Ruggeri utilizza soprattutto per i primi piani. Questo Amleto, però, non incontrò né il favore del pubblico né quello della critica […].
Vi è però nell’Amleto una scena meno opaca delle altre che ci trasmette un’impressione più viva delle possibilità e della grandezza dell’attore. Amleto ha già ucciso Laerte e l’usurpatore; la regina, anch’essa morta, giace ai piedi del trono; allora, Orazio e un altro cortigiano si avvicinano al principe vendicato e gli parlano con entusiasmo, ma Amleto cambia espressione, il corpo perde energia e lo sguardo si spegne. Incomincia così una delle grandi morti realistiche della tradizione italiana. Amleto viene fatto sedere sul trono; il braccio destro giace sul bracciolo ormai completamente paralizzato, quello sinistro si alza e compie un gesto indefinito. La paralisi si è diffusa anche nella mano, solo le prime tre dita si stendono nell’aria, mentre l’anulare e il mignolo restano rattrappiti. Quel moncone di arto senza energia tocca poi la fronte e cade riverso. Amleto vuole essere incoronato. Orazio e il cortigiano gli pongono la corona sul capo, lo scettro viene appoggiato sulla destra, mentre la sinistra compie un ultimo gesto che vorrebbe essere solenne e di commiato. Poi Amleto china il capo e quello che resta è un fantoccio di carne. Per due volte, Orazio rialza la testa del principe che per due volte ricade ciondolando.
La scena dell’incoronazione rientrava nella tradizione dei comici. Rugggeri agì dunque su un materiale precedente che svuotò di pathos e ampollosità tragica, mettendo a segno una di quelle prolungate morti realistiche che per il pubblico cinematografico e non del primo Novecento costituivano quasi il contrassegno del grande attore”.