ABE ICHIZOKU
Sog.: da una novella di Ogai Mori. Scen.: Hisatora Kumagai, Nobuo Adachi. F.: Hiroshi Suzuki. M.: Yoshitama Imaizumi. Mus.: Shiro Fukai. Int.: Chojuro Kawarasaki (Matajuro Emoto), Kan’emon Nakamura (Yagobei), Shizue Yamagishi (Toshi), Masako Tsutsumi (Osaki), Emitaro Ichikawa (Yaichiemon Abe), Kozaburo Tachibana (Gonbei), Shinzaburo Ichikawa (Ichitayu), Shimajiro Yamazaki (Gotayu). Prod.: Masanobu Takeyama per P.C.L. 35mm. D.: 105’. Bn.
Scheda Film
Dopo essersi fatto notare alla Nikkatsu con ambiziosi progetti come il film biografico Jonetsu no shijin Takuboku (Takuboku, poeta appassionato, 1936) e Sobo (Gli emigranti, 1937), sugli emigranti della classe operaia in Brasile, il regista Hisatora Kumagai (1904-1986) passò alla P.C.L. e realizzò la sua opera più rappresentativa con questo importante film storico che mostra appieno ciò che Peter High ha definito “la feroce passione che costituiva la cifra di tutti i suoi film”. In collaborazione con lo Zenshin-za, il regista che firmò quello che il critico Sadao Yamane ha salutato come un nuovo tipo di film in costume, rivoluzionario per la sua precisione storica.
Il film è tratto da una novella del romanziere e medico militare Ogai Mori, sulle cui opere si basano anche Gan (L’oca selvatica, 1953) di Shiro Toyoda e L’intendente Sansho (1954) di Kenji Mizoguchi. La storia originale s’ispira al drammatico suicidio nel 1912 del generale Nogi, che commise hara-kiri dopo la morte dell’Imperatore Meiji. In quegli anni Ogai scrisse diverse opere storiche in cui esplorava i temi della lealtà e del sacrificio.
Abe ichizoku narra di un servitore che commette hara-kiri sfidando la volontà del suo signore e delle tragiche conseguenze di quel gesto. Concentrandosi sul modo in cui gli ideali del bushido plasmano le azioni dei personaggi, il film, con l’eccezione del suo punto culminante in cui prevale l’azione, ha uno stile austeramente rituale. L’enfasi posta sul dialogo e uno stile di recitazione composto e solenne valorizzano i punti di forza della compagnia Zenshin-za. Il film problematizza le imposizioni del codice d’onore descrivendo una vicenda che, come scrive Darrell William Davis, è “splendida per la sua pregnanza o per la sua assurdità”.
Il critico nazionalista Tsutomu Sawamura scrisse entusiasta che “Kumagai ha gettato una bomba sull’apatico cinema giapponese, aprendo un varco per far entrare una ventata d’aria fresca”. Kumagai diresse poi alcuni film apertamente militaristi basati su sceneggiature di Sawamura prima di lasciare il cinema per fondare e dirigere l’associazione Sumera-juku, un’organizzazione nazionalista semi-religiosa, dove formò la troupe di teatro patriottico Taiyo-za. Nel cinema del dopoguerra lavorò come produttore indipendente e nella seconda metà degli anni Cinquanta tornò a girare qualche film. Ebbe inoltre il merito d’introdurre nel cinema giapponese la cognata Setsuko Hara.
Alexander Jacoby e Johan Nordström