VERA CRUZ

Robert Aldrich

Sog : dal racconto omonimo di Borden Chase Scen : Roland Kibbee, James R Webb F : Ernest Laszlo M : Alan Crosland Jr Scgf : Alfred Ybarra Mus : Hugo Friedhofer Int : Burt Lancaster (Joe Erin), Gary Cooper (Benjamin Trane), Denise Darcel (contessa Marie Duvarre), Cesar Romero (marchese Henry de Labordère), Sarita Montiel (Nina), George Macready (imperatore Massimiliano d’Asburgo), Jack Elam (Tex), Ernest Borgnine (Donnegan), James McCallion (Little-Bit) Prod : James Hill per Flora Productions, Hecht-Lancaster Productions Pri pro : 25 dicembre 1954 35mm D : 92’ Col

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Come il successivo film di Robert Aldrich, Un bacio e una pistola, Vera Cruz impartisce un duro colpo al genere a cui appartiene. Il regista, che era un liberal, con Un bacio e una pistola adottò una singolare strategia: scavando nell’essenza del mondo reazionario di Mickey Spillane, reagì all’atmosfera della Guerra fredda con un colpo di genio cinico e selvaggio. Con Vera Cruz, film altrettanto geniale, spogliò il western della sua dimensione umanistica aprendo la strada alla vera rinascita del genere, ai film di Leone e a Il mucchio selvaggio di Peckinpah. Nessuna pietà per Ulzana, altro suo grande western, fu un capolavoro degli anni Settanta.

Gary Cooper, un sudista, è – come dice Burt Lancaster – “il nostro esperto di cause” (“Non mi do di lui. Gli piace la gente, e non ti puoi dare di uno così”), ma le parole e gli ideali significano ben poco nel cinico rondò in cui le cause, come le cose materiali, sono oggetto di mercanteggiamento. Nelle scene di violenza c’è una buona dose di spettacolo, ma il film non è un’operetta: fa sul serio, con la compattezza del western tradizionale, una resa non adulterata del Messico e il rispetto che caratterizza anche i film di John Huston e Sam Peckinpah.

Vera Cruz è un buddy movie morboso in cui il valore stesso dell’amicizia diventa assurdo e sfuma nella falsità. L’idealismo è una buffonata, ciascun uomo è un’isola e la vita non è che una serie di strategie animali di sopravvivenza, un continuo stato di guerra dominato dall’avidità. Il personaggio di Burt Lancaster, mai stereotipato, ne è la dimostrazione decisiva. Ed è proprio Lancaster che celebriamo insieme a questo grande film (lo scorso anno abbiamo reso omaggio alla collaborazione tra Aldrich e Chaplin): lo splendido protagonista di I gangster, Piombo rovente, Il gattopardo, I professionisti, L’ultimo apache, Vera Cruz, Nessuna pietà per Ulzana e Ultimi bagliori di un crepuscolo. Grande attore-collaboratore di Aldrich e spirito a lui affine, Lancaster era una straordinaria sintesi di sicità e intelletto (o macchinazione), supremo motore di ironia che sapeva contenere e agitare in sé i paradossi di una società vista come una malattia incurabile e riempire lo schermo, il fantastico widescreen di Aldrich. Il ruolo dell’azione in Vera Cruz, gestita con apparente noncuranza, apre alla complessità e a una rilettura della mitologia western in termini puramente monetari (evitando la super cialità): chi, prima di Sergio Leone, aveva osato tanto?

Peter von Bagh

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