VAMPYR –
Sottotitolo: Der Traum des Allan Gray. R.: Carl Theodor Dreyer. Asst.R.: Ralph Holm, Éliane Tayar. S.: liberamente ispirato a Carmilla e altre novelle della raccolta In the Glass Darkly di Joseph Sheridan Le Fanu. Sc.: Carl Theodor Dreyer e Jul Christen. Scgf.: Hermann Warm assistito da Preben Birk. F.: Rudolf Maté assistato da Louis Né. C.: Wolfgang Zeller. Suono: Dr. Hans Bittmann assistito da Cesare Silvani per la presa del suono. Sincronizzazione: Paul Falckenberg. In.: Julian West (pseudonimo del barone Nicolas de Gunzburg) (David (Allan) Gray), Henriette Gérard (Marguerite Chopin, il vampiro), Jan Hieronimko (il dottore), Maurice Schutz (il castellano), Sybille Schmitz (Léone, sua figlia maggiore), Rena Mandel (Gisèle, sua figlia minore), Albert Bras (il domestico), N. Babanini (sua moglie), Jane Mora. P.: Carl Theodor Dreyer e il barone Nicolas de Gunzburg per la Tobis-Klangfilm, Berlino / Carl Dreyer Filmproduktion, Parigi. Prima proiezione: 6 maggio 1932 a Berlino.
35mm. L.: 1941m. D.: 70’ a 24 f/s.
Scheda Film
Vampyr fu realizzato da Carl Theodor Dreyer nel 1931/32 in tre versioni originali, parlate in tedesco, francese e inglese. I negativi immagine e suono sono andati perduti. Grazie alle copie incomplete della versione tedesca e francese è stato possibile stabilire una nuova edizione della versione tedesca. La versione tedesca è stata prodotta nel 1998 su iniziativa di ZDF/ARTE da Stiftung Deutsche Kinemathek e Cineteca del Comune di Bologna.
Dreyer girò Vampyr come un film muto, per poi procedere ad una postsincronizzazione al fine di produrre 3 versioni diverse: francese, tedesca e inglese. Il lavoro di post sincronizzazione fu realizzato utilizzando lo stesso negativo immagine, con l’eccezione di poche inquadrature nelle quali gli attori recitavano nelle diverse lingue. A complicare la post produzione del film intervenne la censura tedesca, che richiese il taglio di circa 55 metri e che indubbiamente obbligò Dreyer a rimontare immagini e suono.
Del film sono giunte a noi molte copie della versione tedesca e di quella francese, ognuna a suo modo incompleta e danneggiata; inoltre, molte copie sono state sottotitolate (e gli inserti sostituiti) per produrre ulteriori versioni.
Il restauro del film (che mira a ricostruire sia la versione tedesca – che verrà presentata – sia quella francese) si è basato su tutte le copie d’epoca esistenti, al fine di restituire la migliore qualità e completezza possibile alle immagini e al suono. In particolare quest’ultimo è stato oggetto di un attento montaggio e di un restauro digitale, al fine di riportarlo alle caratteristiche originali, inevitabilmente perdute in tutte le versioni finora note del film.
Le scene censurate nella versione tedesca sono state fortunatamente ritrovate nelle copie della versione francese e verranno mostrate al termine della proiezione.
Per quanto riguarda la completezza della versione presentata, si può dire che include tutte le inquadrature esistenti, pur rimanendo di circa 200 metri rispetto alla lunghezza indicata dal visto di censura. Vista la completezza del suono e la sostanziale corrispondenza di tutte le copie, non è possibile affermare con certezza che i 200 metri mancanti siano mai stati realmente inclusi nelle versioni effettivamente distribuite, né indicare le lacune.
“È così, come l’immagine di un corpo uscito dal movimento stesso, e che può essere percepito soltanto in estrema velocità, e addirittura produce un’illusione di registrazione della velocità, è pressoché così che il vampiro di Dreyer muore sotto i nostri occhi, preso al tempo stesso nei movimenti di un ingranaggio, in una pioggia di polvere bianca (nel corpo di un coleottero che scende insieme alla polvere di una clessidra di cui sarebbe l’imbuto) e nel profilo di uno scoiattolo che corre disperatamente in una gabbia: muore al centro stesso di questa macchina, come la lancetta caduta dal quadrante; muore perché il tempo, a un tratto, si mette a fare i conti e a farlo morire, nel suo rallentamento. […] Il movimento smisurato che stritola il vampiro e, come in un corsa all’inverso, ne riduce in polvere l’eternità e, con l’azione di tale polvere e del suo accompagnamento musicale, immortala i bambini perduti in mezzo agli alberi – il movimento o lo sforzo smisurato che deve dare inizio a questa specie di tempo a ritroso, in primo luogo viene rappresentato ai nostri occhi dall’immobilità dell’immenso apparecchio d’orologeria. Non è dunque un’azione che lo mette in moto e spinge l’uno contro l’altro i meccanismi incessanti; ancor meno è una causa, la minima causa – è la scala di movimento rappresentata da un piccolissima ruota -, un ingranaggio infantile e la sola stanza di cui avremmo avuto la chiave senza saperlo, prima che essa provocasse qui i passi di un gigante che calpestano del bianco, prima che essa aprisse un orifizio del tempo: questo flusso bianco, unicamente. E qui si sovrappongono per un istante i capelli bianchi del vecchio Liszt: uno dei vampiri ha ritrovato una ragazza che, fuggita da casa, la notte si è seduta su una panca di pietra nel parco. Per un momento è dietro di lei, poi se ne va con balzi animaleschi, lasciandola svenuta sulla panca. Si allontana saltando come un canguro con la parrucca incipriata del vecchio Liszt. […] Non è dunque qui la morte, né la fine della sua sospensione, ma l’incredibile scomparsa di un corpo all’interno dell’immagine. (J.L. Schefer, L’homme ordinaire du cinéma, Cahiers du Cinéma-Gallimard, 1980)