TWO BOYS DANCING AS W.K.L.DICKSON RECORDS VIOLIN SOLO
P. Edison, 35mm
Scheda Film
Un test di pochi metri, probabilmente destinato alle prove del Kinetophone, cioè della sincronizzazione fra fonografo e kinetoscope. Girato nei laboratori Edison, con Dickson che suona il violino mentre due operai ballano, il film è databile al 1893 o 1894.
Con queste brevi, rapide e affascinanti immagini di un fonografo, una macchina da presa che “registrano” colui che, a fianco di Thomas Edison, ha avuto un ruolo fondamentale nella nascita del cinema. Come ideale introduzione alla rassegna dedicata alla “transizione dal muto al sonoro”, riportiamo l’opinione di Mary Lea Bandy, curatrice del Film Department del Museum of Modern Art di New York.
“Negli Stati Uniti, la sperimentazione di sistemi per unire il suono all’immagine sono proseguite senza sosta fin dall’ultimo decennio del secolo scorso. Ma il primo sistema per la produzione e la proiezione di film sonori in grado di imporsi sul mercato vide la luce solamente nel 1926, provocando un’autentica rivoluzione nell’industria cinematografica che durò per tutti i tre anni successivi. Si trattava, ovviamente, del Vitaphone, un sistema su disco sviluppato dai Bell Laboratories e dalla Western Electric insieme alla Warner Brothers. Un anno prima che The Jazz Singer stimolasse l’appetito del pubblico per i film sonori, il primo programma Vitaphone aveva offerto Don Juan, un lungometraggio accompagnato da una partitura per orchestra registrata e una serie di cortometraggi che portavano sullo schermo le incisioni di famose orchestre e star dell’Opera e del vaudeville. Era la nascita del sonoro, della sincronizzazione del parlato, del cantato, della musica con le immagini in movimento e della sua amplificazione per le grandi sale cinematografiche. La qualità del suono era superba, l’effetto sul pubblico elettrizzante.
Circa quindici anni dopo, Iris Barry, allora curatrice del Museum of Modern Art, si lamentava di non poter mostrare i film Vitaphone perché non esistevano più i proiettori per farlo e il restringimento delle copie rendeva difficile proiettare film e dischi in sincronismo. Così, una gran parte della produzione del periodo 1926-29 era diventata inaccessibile per uno studio approfondito. Molti anni dopo, Bob Gitt e il suo staff hanno offerto alle cineteche l’occasione di esaminare e studiare un periodo-chiave dell’evoluzione del cinema, grazie al ritrovamento di una collezione di dischi Vitaphone presso la Warner Brothers, alla loro acquisizione da parte dell’UCLA Film and Television Archive e al lavoro di restauro, ancora in corso.
Per lungo tempo ho ritenuto che la parte più sottovalutata della nostra produzione sia quella relativa al sonoro. Ovviamente dobbiamo proteggere per primo il materiale nitrato, e fra questo i film muti innanzitutto. Il nostro personale e i nostri laboratori sono preparati ad intervenire nel complesso lavoro di restaurare film ristretti, colorati, quelli dai colori decaduti o quelli fisicamente più deteriorati. L’importanza del restauro del suono è oggi altrettanto evidente; è di vitale importanza che la colonna sonora riceva la stessa considerazione e attenzione delle immagini a cui è legata, sia che si tratti di registrazioni su disco o su pellicola, effettuate in studio o in location, che sia stata ri-registrata o doppiata, su ottico o magnetico.
Conservare il cinema non significa semplicemente scoprire e salvare capolavori perduti, e neppure duplicare quei “classici” che, continuamente visti e rivisti negli anni, sono spesso disponibili in copie sempre più danneggiate. L’attività di conservazione deve anche indirizzarsi verso quelle aree e quei periodi della produzione che sono state vitali allo sviluppo di nuove tecniche, nuovi stili, nuove linee direttrici.
I primi film sonori seguono l’immenso successo dei film muti degli anni venti, dei grandi film epici e delle grandi interpretazioni delle star; questi film possono sembrare primitivi, immaturi, lenti e confusi, ma in realtà i cortometraggi Vitaphone rivelano il rapido sviluppo di tecniche e stili applicate prima alla singola performance, poi alla narrazione, mentre la qualità del suono è della massima qualità e le registrazioni molto sofisticate. C’è ancora molto da studiare in questi film, per comprendere appieno l’emergere di una narrazione sonora, per rendersi conto delle potenzialità messe a disposizione dei produttori alla fine di quel decennio.
È della massima importanza che si studino i primi anni della transizione al sonoro nei vari paesi, che si comprenda quale siano stati gli sviluppi, in quali anni, con quali modalità. Questa è certamente un’area di indagine ancora “vergine” per gli archivi, che necessita ricerche, interventi di restauro, e stretta cooperazione.”