Torna!
Sog.: Raffaello Matarazzo; Scen.: Raffaello Matarazzo, Aldo De Benedetti; F.: Tino Santoni; Mo.: Mario Serandrei; Scgf.: Piero Filippone; Cost.: Marisa Polidori; Mu.: Michele Cozzoli, Diretta Da Ugo Giacomozzi; Su.: Mario Messina; Int.: Amedeo Nazzari (Roberto Varesi), Yvonne Sanson (Susanna), Franco Fabrizi (Giacomo), Enrica Dyrell (Viviana), Giovanna Scotto (Antonia), Liliana Gerace (Luisa), Maria Grazia Sandri (La Bambina), Teresa Franchini (Madre Superiora), Olinto Cristina (L’avvocato), Giulio Tomasini (Vittorio), Nino Marchesini (Notaio), Giovanni Dolfini (Martino); Prod.: Giuseppe Bordogni Per Labor Film E Titanus; Pri. Pro.: 30 Settembre 1954; 35mm. D.: 98′. Bn.
Scheda Film
“(…) So tutto sui film come Torna!. Appaiono soltanto pro forma nei “locali di prima visione”; chi li attua, bada unicamente alla periferia e alla provincia, dove essi commuovono ed esaltano le folle ingenue, guadagnando un mucchio di quattrini. Fumetti? Ah no: sui fumetti, che sono laconici e immobili, qualcosa i lettori possono eventualmente sognare. Una certa influenza sull’immaginazione i fumetti l’hanno. I Torna!, al contrario, stordiscono e imbavagliano il rozzo spettatore, lo bastonano coi “fatti”, lo seviziano, lo tormentano, gli svellono le unghie e gli bruciano le piante dei piedi, lo torturano come raffinati carnefici nei suoi elementari e goffi sentimenti. È una lapidazione, un linciaggio, una giustizia sommaria in cui ogni clava e ogni pietra della narrativa più dozzinale vengono selvaggiamente adoperate. L’individuo normale, assistendo a una violenza simile, e pensando ai grami intelletti che la patiranno, ha l’impressione di veder brutalmente picchiar un neonato. Ciò, riflette, è profondamente immorale, ha un che di turpe e di sordido, come l’offrire specchietti agli zulù in cambio di oro e di gemme purissimi. Lacrime e pietà dei poveri di spirito sono infatti genuine, preziose, care al cielo: guai a voi, scribi e farisei ipocriti del cinema, che non potendo e non volendo educare il grosso pubblico, sfruttate così deliberatamente la sua innocenza (…)”.
Giuseppe Marotta, Questo buffo cinema, Bompiani, Milano, 1956