TINI ZABUTYKH PREDKIV

Sergej Paradžanov

Sog.: dal romanzo omonimo (1912) di Mychajlo Kocjubyns’kyj. Scen.: Sergej Paradžanov, Ivan Čendej. F.: Jurij Illienko. M.: Marfa Ponomarenko. Scgf.: Heorhij Jakutovyč, Mychajlo Rakovskyj. Mus.: Myroslav Skoryk. Int.: Ivan Mykolajčuk (Ivan), Ihor Dzjura (Ivan da bambino), Larysa Kadočnikova (Marička), Valentyna Hlynko (Marička da bambina), Tat’jana Bestaeva (Palahna), Spartak Bagašvili (Jura lo stregone), Mykola Hryn’ko (Batag il pastore), Leonid Engibarov (Miko). Prod.: Studio cinematografico Dovženko. DCP. D.: 96’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Fu L’infanzia di Ivan (1962) di Tarkovskij a folgorare Paradžanov sulla via di Damasco. Nel 1964, quando gli Studi cinematografici Dovženko di Kyiv lo incaricarono di adattare per il cinema il romanzo Tini zabutykh predkiv di Mychajlo Kocjubyns’kyj in occasione dei cent’anni dalla nascita dell’autore, l’approccio di Paradžanov fu clamorosamente poetico. Pur raccontando una storia d’amore impossibile tra i membri di due famiglie in guerra, la trama è frammentaria e disseminata di elementi fantastici. Rifacendosi alle opere del primo Dovženko come La Terra (1930), influenzate dal formalismo, Paradžanov crea un modello di cinema che attinge al folklore, alla poesia, al canto e alla danza. Con questo film girato con la partecipazione della comunità dei Russini Hutsuli residente nella regione Carpatica, nell’Ucraina occidentale, Paradžanov si pose a cavallo tra etnografia e voli di fantasia surrealisti. Con riprese elaborate e complessi effetti di stampa, il direttore della fotografia Jurij Illjenko portò il concetto di “macchina da presa emozionale” coniato da Sergej Urusevskij verso territori psichedelici inesplorati. Il compositore Myroslav Skoryk attinse al repertorio della musica popolare degli Hutsuli, con i trembita, lunghi e caratteristici corni di montagna, presenti sullo schermo e nella colonna sonora. Il risultato cambiò il corso del cinema ucraino, dando vita al cinema poetico della Scuola di Kyiv (insieme ai film successivi girati da Illjenko in veste di regista e a quelli di Leonid Osyka) e influenzando cineasti del Caucaso meridionale (l’armeno Artavazd Pelešjan, il georgiano Tengiz Abuladze), dell’Asia centrale (l’uzbeko Ali Chamraev, il kirgizo Bolotbek Šamšiev) e non solo (il cecoslovacco Juraj Jakubisko). Quando Tini zabutykh predkiv arrivò a New York le sue qualità deliranti e allucinatorie lo resero un improbabile film psichedelico. Sebbene lo stesso Paradžanov tendesse a sminuire le sue opere precedenti, ci sono comunque linee di continuità: l’aspetto fiabesco di Andriješ e l’attenzione per l’arte popolare palesata nel cortometraggio documentario Zoloti ruky, solo per citarne due. Quando Tarkovskij, insieme al teorico del formalismo (e aspirante sceneggiatore di Paradžanov) Viktor Šklovskij, scrisse una lettera per protestare contro l’incarcerazione di Paradžanov negli anni Settanta, riconobbe Tini zabutykh predkiv come uno dei due film che avevano cambiato il cinema, sia in Unione Sovietica che all’estero (l’altro era il lungometraggio successivo: Il colore del melograno, del 1969).

Daniel Bird

Copia proveniente da

Restaurato in 4K da The Film Foundation’s World Cinema Project e Cineteca di Bologna presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata in collaborazione con Oleksandr Dovzhenko National Centre e in associazione con Studio cinematografico Dovženko. Un ringraziamento speciale a Daniel Bird e Łukasz Ceranka. Con il sostegno di Hobson/Lucas Family Foundation