THE PATRIOT

Ernst Lubitsch


T. it: Lo zar folle. Sc.: Hans Kräly, dalla pièce «Der Patriot» (1927) di Alfred Neumann. F.: Bert Glennon. Mu.: Domenico Savino, Gerard Carbonaro, dirette da Nathaniel Finston. Scgf.: Hans Dreier. Cost.: Ali Hubert. Cast: Emil Jannings (lo zar Paolo I), Lewis Stone (il conte Pahlen), Florence Vidor (la contessa Ostermann), Neil Hamilton (Alexander, il principe ereditario), Harry Cording (Stephan), Vera Voronina (Mlle Lapoukhine). Prod.: Ernst Lubitsch per Paramount Famous Lasky Corp; 35mm. L.: 140 m. D.: 6’ a 24 f/s.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dopo aver visto Emil Jannings nella parte del folle Zar in The Patriot, è impossibile negare che egli sia di gran lunga il più grande attore cinematografico di tutti i tempi. Ma questo, in pratica, era già evidente. Quel che è difficile mettere in discussione ora è che egli sia il miglior attore in qualsiasi campo dell’arte drammatica e in qualunque parte del mondo. […] Nel tragico episodio finale, in cui esprime la dolorosa impotenza dello zar di fronte ai cospiratori, Jannings compie una delle sue massime prodezze. Le prime scene lo ritraggono invece come un clown da quattro soldi e uno spietato assassino, privandolo di qualsiasi diritto alla minima traccia di umana simpatia. Probabilmente, per un attore esperto, non era difficile riuscirvi, così come non era complicato mostrare l’imperatore tradito come la patetica figura del finale del film. Ma unire entrambe queste caratterizzazioni in un unico personaggio senza mai dare l’impressione che il risultato finale sia confuso, o incoerente, o manchi di unità, questa, lo ripetiamo, è un’autentica prodezza. […] In conclusione ci sembra necessario spendere qualche parola sulla regia di Lubitsch. Unendo la sua usuale grande commedia con l’autentica tragedia, e facendolo con compostezza, buon gusto, intelligenza e solido effetto drammatico, egli confeziona un film davvero notevole.

Richard Watts Jr., «The Film Mercury», 31 agosto 1928

 

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