The Passing Of The Third Floor Back

Berthold Viertel

Sog.: dall’opera di Jerome K. Jerome; Scen.: Alma Reville, Michael Hogan; F.: Curt Courant; Mo.: Derek N. Twist; Scgf.: Oscar Friedrich Werndorff; Su.: Frank McNally; Mu.: Hubert Bath, Louis Levy; Int.: Conrad Veidt (lo straniero), Anna Lee (Vivian), René Ray (Stasia), Frank Cellier (Wright), John Turnbull (Major Tomkin), Cathleen Nesbitt (Sig.ra Tomkin), Ronal Ward (Chris Penny); Prod.: Ivor Montagu per Gaumont-British Picture Corporation; Pri. pro.: 21 ottobre 1935. 35mm. D.: 90’.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Alcuni dei film “a più storie” prodotti dal cinema inglese sono commedie pensate soltanto per far divertire. Altri, invece, lasciano intravedere nel tessuto narrativo qualche filo di insegnamento morale. È questo il caso di The Passing of the Third Floor Back, basato su un celebre lavoro teatrale scritto nel 1908 dall’umorista Jerome K. Jerome. Tutto si svolge all’Hotel Belle Vue, una pensione londinese che ospita un folto gruppo di umiliati e offesi, tutti possibili candidati alla riabilitazione sociale. In mezzo a questi, come un Cristo soffuso di luce, arriva lo Straniero (Conrad Veidt). È il nuovo inquilino che prende possesso della stanza sul retro al terzo piano e che comincia a prodigarsi per salvare queste anime perdute col suo sguardo ipnotico, il suo sorriso insinuante e una stazza fisica che le inquadrature e le luci insistono a sottolineare come sovrumana. L’influenza del cinema tedesco è evidente e questo non soltanto per la presenza di Veidt, ma anche per il regista Berthold Viertel, il direttore della fotografia Curt Courant e lo scenografo Oscar Werndorff. A loro si devono le gestualità estremamente controllate e i sofisticati giochi di luce e ombre. Oltre a questo il film offre le tipiche caratterizzazioni sociali del cinema inglese del periodo, ma con una lucidità inusitata. Il cattivo danaroso (Frank Cellier) e la perfida padrona di casa (Mary Clare) sono certamente i più facili da odiare, mentre Miss Kite (Beatrix Lehmann), la segretaria poco meno che quarantenne, sguazza in mezzo al dramma col suo spirito caustico. Ma il cuore del film sta in Stasia (René Ray), la cameriera alla ricerca disperata e dolorosa della felicità, un personaggio che, a differenza di quello di Vivian (Anna Lee) è assolutamente credibile. A metà del film si trovano tutti in un vaporetto che naviga sul Tamigi, diretti a Margate. Graham Greene, recensendo il film nel 1935, aveva giudicato l’arredamento del battello un po’ troppo sfarzoso. Non aveva torto. Neanche lo Straniero di Veidt sarebbe stato capace di sciogliere l’affascinante confusione stilistica di questo film.

Geoff Brown

Copia proveniente da