THE MERRY WIDOW

Erich von Stroheim

T. it.: La vedova allegra. Sog.: dal libretto di Victor Leon e Leo Stein dell’operetta Die lustige Witwe di Franz Lehár. Scen.: Erich von Stroheim, Benjamin Glazer. F.: Ben Reynolds, William Daniels, Oliver T. Marsh. M.: Frank E. Hull. Scgf.: Cedric Gibbons, Richard Day. Int.: Mae Murray (Sally O’Hara), John Gilbert (Danilo), Roy D’Arcy (Mirko), Tully Marshall (barone Sadoja), George Fawcett (Nikita I), Josephine Crowell (regina Milena), Dale Fuller (cameriera di Sally), Albert Conti (aiutante di Danilo), Wilhelm von Brincken (aiutante di campo di Danilo), Don Ryan (aiutante di Mirko), Hughie Mack (locandiere), Ida Moore (moglie del locandiere), Sidney Bracey (domestico di Danilo), George Nichols (portiere). Prod.: MGM. 35mm. L.: 3086 m. D.: 130’ a 22 f/s. Bn

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

La vedova allegra, grande successo di pubblico e ‘miglior film realizzato a Hollywood nel 1926’ secondo le critiche d’epoca, segue di due anni il colossale quanto spettacolare crollo di Greed, mutilato e smembrato da Irving Thalberg, tycoon della Metro Goldwin Mayer. Sarà sempre Thalberg a proporre a Eric von Stroheim La vedova allegra, dall’operetta omonima di Franz Lehár. Pur non apprezzando il testo, Stroheim si applica con attenzione al progetto, scrivendo una sceneggiatura molto personale, che ha il pregio di trasformare la limpida aria da operetta in una crudele e feroce satira dell’ambiente mitteleuropeo. Monteblanco è il luogo immaginario in cui si svolgono i fatti: nessuna ricostruzione in scala naturale, come era accaduto per la Montecarlo di Femmine folli (1921), piuttosto un puntuale décor che allude al Montenegro (cui rimanda pure lo stile delle uniformi, disegnate dallo stesso Stroheim). Ritroviamo in La vedova allegra il gusto eccessivo di Stroheim per la ricostruzione scenografica: il film è una inesauribile rassegna di meraviglie architettoniche, pavimenti luccicanti, scalinate sontuose, colonne maestose, divise sfarzose, smodata propensione al dettaglio ornamentale. Tale attenzione per il dettaglio non ci deve ingannare. In The Merry Widow (e sempre in Stroheim) la scenografia, l’abito, non sono figli di uno sterile piacere del lusso, ma corrispondono a una vera e propria scelta di regia. L’abito, la scenografia, si definiscono come vero e proprio habitus: una forma comportamentale, sociale. Che verrà qui sbeffeggiata, trattata come materiale satirico. In La vedova allegra il dettaglio suggerisce un’alterazione, un’irregolarità, una sproporzione, che va trasformandosi in pulsione, motore di azione (il corpo di Sally, le porte monumentali, i crocefissi enormi alle pareti, un foglio di carta moschicida). La sproporzione è un ingrandimento, una dilatazione di senso – ad esempio, l’acuto senso olfattivo che emerge nell’istante in cui osserviamo il letto di Sally coperto da petali di fiori. Da questo punto di vista le scelte stilistiche di Stroheim attivano un regime contrastivo. Si pensi alla lotta tra i bianchi e i neri all’interno dell’inquadratura, al vaporoso flou che circonda il volto di Sally in primo piano, al vapore dell’eau te toilette a contatto con la pelle sudata di uomo in divisa. Si pensi al biancore della luce emanata dal volto di Mae Murray cui fa da contrasto la nera movenza marionettistica del principe Mirko. O al salone Chez François è un delirio che oscilla tra il bianco e il nero. Stroheim non dimentica una tagliente vena ironica. Due innamorati sotto una romantica luna; l’abominio e la crudeltà sono qui mostrati insieme alla dolce brezza di una notte luminosa.

Rinaldo Censi

 

La partitura di The Merry Widow

Quando ho accompagnato per la prima volta The Merry Widow, anni fa, sono stata colpita dall’adattamento estremamente creativo e inventivo dell’operetta compiuto dal geniale regista Erich von Stroheim. Mi sono subito accorta che il mio ‘semplice’ accompagnamento per canto + pianoforte non era all’altezza di un film tanto brillante e intenso. Ho iniziato così a ragionare su una partitura adatta al film e nello stesso tempo ho avuto l’enorme fortuna di ottenere dagli eredi di Lehár il permesso di usare e rielaborare, ove necessario, la musica originale del film. Questa partitura si basa oggi in parte sull’operetta di Lehár e in parte sulla musica da me composta. Mi ha dato la possibilità di integrare nell’accompagnamento le sfumature cupe e satiriche di von Stroheim. La scelta dei punti in cui posizionare i motivi di Lehár è stata una sfida interessante e impegnativa. Considero molto importante che questo film straordinario possa essere proiettato il più possibile, ed è per me un vero onore esibirmi a Bologna!                                                                                  

Maud Nelissen