THE MARRIAGE CIRCLE

Ernst Lubitsch

Sog.: dal pièce Nur ein Traum (1909) di Lothar Schmidt. Scen.: Paul Bern. F: Charles Van Enger. Int.: Florence Vidor (Charlotte Braun), Monte Blue (dottor Franz Braun), Marie Prevost (Mizzi Stock), Creighton Hale (dottor Gustav Mueller), Adolphe Menjou (professore Josef Stock), Harry Myers (il detective), Dale Fuller (il paziente nevrotico), Esther Ralston (Miss Hofer). Prod.: Warner Brothers Pictures. DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Quando gira The Marriage Circle, Lubitsch è nella ‘celluloid Babylon’ da poco più d’un anno; ha diretto Mary Pickford in Rosita, e l’esperienza è stata logorante; è pronto a fare le valige. Poi arriva la Warner, che gli offre compensi alti e relativa libertà. Intanto ha visto un film, A Woman of Paris, di cui dirà “qui l’intelligenza di nessuno viene offesa”. Principesca perfidia per dire che il resto della produzione americana del 1923 gli era parsa offensiva? Il rapporto di filiazione tra il melodramma sofisticato di Chaplin e la prima ‘sex comedy’ di Lubitsch viene stabilito già dalla critica coeva, che acclama il ‘talento nascosto’ di un regista passato da opere ‘ponderose’ all’arte del ‘pattinare sul ghiaccio sottile’ delle trame matrimoniali. Vivere nell’epoca dei restauri offre l’occasione di nuovi ravvicinati confronti, e oggi nessuna filiazione ci pare eclatante quanto quella che The Marriage Circle stringe con Erotikon, il capolavoro di Stiller di cui Lubitsch doveva aver portato con sé memoria dall’Europa. Però Chaplin conta, fin dall’immagine in cui Adolphe Menjou infila il piede in un calzino e contempla l’alluce che esce da un buco, indiretto omaggio al Vagabondo; più consistente il prelievo ironico da A Woman of Paris quando un cassetto aperto mostra una serie di colletti da uomo, qui motivo di comico malumore, là amara presa d’atto che la donna amata è una mantenuta.
Prima lubitschiana partita a quattro, The Marriage Circle è una bella confusione in cui tutto rischia ripetutamente di andare all’aria perché infine tutto resti uguale, tra equivoci ed escamotage, e braccia di donne che attirano  a sé la nuca dell’uomo sbagliato (o forse no). Sono una moglie nel paese delle meraviglie coniugali, un’amica che vuol sedurne il marito, un marito tentato, uno spasimante timido ma gaglioffo. Poi  c’è un outsider, che è   il grande Menjou. Lui che in A Woman of Paris era il più sprezzante, il più spregevole dei viveur, qui porta il proprio cinismo come un’aureola. C’è un momento sospeso in cui quell’aureola sembra dissolversi, e vediamo un uomo che esita sulla soglia d’un pensiero segreto, di un passato, forse di una sofferenza, uno che potrebbe alzarsi e portare il film da un’altra parte; ma poi sceglie di uscire “dal girotondo sentimentale e sessuale, magari per mettersi in salvo come il burattinaio di Die Puppe, o come noi spettatori” (Guido Fink).

Paola Cristalli

Copia proveniente da

Restaurato da MoMA con il sostegno di Matthew e Nathalie Bernstein