THE MAN WHO LAUGHS

Paul Leni

S. dal romanzo di Victor Hugo. Sc.: J. Grubb Alexander, Bela Sekely (non citati nei titoli di testa: Charles E. Whittaker, Marion Ward, May MacLean. Scgf.: Charles D. Hall, Joseph Wright, Thomas F. O’Neill). M.: Maurice Pivar, Edward Cahn. C.: David Cox. M.: Walter Hirsch, Lew Pollack, Erno Rapée. In.: Conrad Veidt (Gwynplaine), Mary Philbin (Dea), Olga Baclanova (duchessa Josiana), Josephine Crowell (regina Anna), George Siegmann (Dr. Hardquannone), Brandon Hurst (Barkilphedro), Sam De Grasse (Re James), Stuart Holmes (Lord Dirry-Moir), Cesare Gravina (Ursus). P.: Paul Kohner (Universal Pictures). 35mm L.o.: 3108m. L.: 3010m. D.: 116’ a 22 f/s.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“Come il film, anche questa partitura musicale è fatta di contrasti. Si passa da un lirismo romantico alle scure sonorità espressioniste, conservando tuttavia un colore tutto francese. Victor Hugo oblige. Opera senza voce per un film muto, questa musica tenta di portarci là dove le parole non possono condurci”.

(Gabriel Thibaudeau)

“Prima di restaurare un film è necessario avviare un lavoro di ricerca per identificare e raccogliere tutti gli elementi filmici e non filmici esistenti. Nel caso del film di Leni questo lavoro ci ha permesso di accertare l’esistenza di otto copie diverse. Due sole tra queste, però, erano elementi di prima generazione, ancora su supporto nitrato: una copia in bianco e nero conservata dal National Film and Television Archive di Londra, con didascalie inglesi, e una copia conservata dalla Fondazione Cineteca Italiana, Milano. Le due copie – corrispondenti alle versioni di distribuzione inglese e italiana – furono stampate, in due momenti successivi, a partire dallo stesso negativo originale della versione europea. Per quanto riguarda le didascalie, quelle della versione italiana differivano da quelle inglesi per lo stile, il contenuto e la grafica (molto più elaborata, e con disegni che cambiano per ogni didascalia). […] Dal punto di vista fotografico, le due copie sono sorprendentemente simili, a testimonianza della estrema regolarità raggiunta dalle pratiche di laboratorio nel cinema della fine degli anni ’20. Inevitabili differenze di contrasto e di densità fra le due copie sono state corrette in fase di duplicazione, al fine di ottenere una versione quanto più omogenea possibile dal punto di vista fotografico, e che restituisse appieno i contrasti tonali e la gamma del bianco e nero originale: anche in considerazione del fatto che la fotografia e l’illuminazione di Gilbert Warrenton concorrono decisamente a porre L’uomo che ride agli apici della produzione cinematografica americana della fine del periodo muto”.

(Gian Luca Farinelli e Nicola Mazzanti, Perché restaurareL’uomo che ride”, in AAVV, The Man Who Laughs, Ancona, Transeuropa, 1998)

“I virtuosismi della cinepresa, le invenzioni nelle inquadrature, l’incisività dell’interpretazione (in particolare di Conrad Veidt e Olga Baclanova, il cui accostamento risulta piuttosto audace), la valorizzazione delle scenografie, certamente dovuta alla ricca esperienza espressionista del regista, sono caratteristiche abituali dello stile di Leni. Qui le ritroviamo moltiplicate grazie ai mezzi che la Universal aveva messo a disposizione del regista. Esse rendono omaggio a Hugo dando vita a una narrazione costantemente animata e avvincente, alla quale mancano tuttavia un’intensità lirica nelle scene intime e una visione più critica e accurata della società dell’epoca. ‘Il XVII è un secolo molto bizantino’, diceva Hugo ‘ha conosciuto l’ingenuità corrotta e la ferocia gentile, curiosa variante di civiltà’. Qui si rimane nell’ambito del feuilleton, pur con immagini ispirate e di grande valore artistico; ma, a questi livelli, anche il feuilleton merita rispetto”.

(Jacques Lourcelles, L’homme qui rit, in AAVV., The Man Who Laughs, Ancona, Transeuropa, 1998)

 

Copia proveniente da

Partitura scritta e diretta da Gabriel Thibaudeau, eseguita da Octuor de France: Jean-Louis Sajot (Clarinetto), Yuriko Naganuma (primo violino), Sylvie Sentenac (secondo violino), Laurent Jouanneau (Alto), Paul Broutin (violoncello), Philippe Blard (contrabasso), Jacques Thareau (fagotto), Antoine Degremont (cor), David Braslawsky (piano)
L’Octuor de France, creato su iniziativa del clarinettista Jean-Louis Sajot nel 1979, ha la finalità di far conoscere la letteratura musicale per clarinetto dal XVIII secolo ai giorni nostri.