The Lusty Men
Sog.: dal racconto di Claude Stanush. Scen.: David Dortort, Horace McCoy. F.: Lee Garmes. M.: Ralph Dawson. Scgf.: Albert D’Agostino, Alfred Herman. Mus.: Roy Webb. Su.: Phil Brigandi, Clem Portman. Int.: Susan Hayward (Louise Merritt), Robert Mitchum (Jeff McCloud), Arthur Kennedy (Wes Merritt), Arthur Hunnicutt (Booker Davis), Frank Faylen (Al Dawson), Walter Coy (Buster Burgess), Carol Nugent (Rusty), Maria Hart (Rosemary Maddox). Prod.: Thomas S. Gries, Jerry Wald e Norman Krasna per Wald/Krasna Productions. Pri. pro.: 24 ottobre 1952. 35mm. D.: 113′. Bn.
Scheda Film
È quasi impossibile classificare The Lusty Men in un unico genere: essendo ambientato nel mondo del rodeo è strettamente legato al western, ma è anche in parte una storia d’amore, mentre lo stile semidocumentario con cui sono descritti i rodei lo fa sconfinare nello studio sociologico. Sotto i titoli di testa scorrono le scene di una parata tipicamente americana (con indiani, cowboy e majorette), suggerendo che almeno a un certo livello lo si può interpretare come un film sull’America. Questa lettura è giustificata dal nucleo narrativo, che parla di indipendenza, ambizione, successo e fallimento: in altre parole, del Sogno americano. Ray stesso disse che il film era in parte una risposta al desiderio di molti americani, negli anni del dopoguerra, di metter su casa e famiglia. La sensazione di autenticità, in questo ritratto non idealizzato della povertà, dello sradicamento e del disperato sogno di una vita migliore, è indiscutibile. Nello stesso tempo, come in Neve rossa, la tendenza al pessimismo si unisce a un lirismo che sconfina nell’astrazione, e la descrizione della vita quotidiana nell’ambiente del rodeo si presta anche a contenere una meditazione su questioni morali e metafisiche. […]
Probabilmente il più elegiaco tra i film di Ray, grazie anche alla fotografia scarna e monocroma di Lee Garmes, The Lusty Men anticipava con il suo tono da ballata gli intrecci più liberi e meno convenzionali di film pur diversi tra loro come Johnny Guitar, Gioventù bruciata, La vera storia di Jess il bandito, Il paradiso dei barbari e Ombre bianche. […] Ray usò e sondò efficacemente l’aggressività di Susan Hayward e l’impertinenza di Arthur Kennedy e intravide una dolorosa vulnerabilità nel temperamento taciturno, malinconico e virile di Robert Mitchum: vigile, sensibile, tenace ma mai scontatamente macho, Jeff McCloud è forse il miglior ruolo di Mitchum, certamente il più toccante e nobile, anche grazie alla simpatia del regista per le figure di solitari. Ray e i suoi attori appaiono sempre consapevoli di ciò che stanno facendo (il che sorprende, date le circostanze della lavorazione del film): le immagini, il dialogo, le scenografie e la recitazione restituiscono una descrizione sempre assolutamente plausibile del mondo del rodeo, mentre i temi più profondi – l’amore, la perdita e la redenzione, la dignità e l’abnegazione – sono lasciati liberi di affiorare spontaneamente, quasi organicamente, da quello che è in buona parte un intreccio relativamente poco drammatico su uomini che vogliono scambiarsi le vite. La bellezza del film deriva proprio dal modo solo apparentemente semplice con cui Ray esamina, attraverso l’insolito e pittoresco mondo del rodeo, un tema universale: il bisogno d’amore, di rispetto e di una casa; il bisogno, in altre parole, di appartenenza.
Geoff Andrew, The Films of Nicholas Ray, BFI Publishing, London 2004
Restored by Warner Bros in collaboration with The Film Foundation and The Nicholas Ray Foundation. Restored from the original 35mm camera negative using traditional photochemical methods. The original soundtrack negative had been destroyed, therefore sound restoration was completed from a 35mm nitrate re-record negative held by the Royal Film Archive of Belgium. Warner Bros also used a nitrate picture dupe from Belgium to replace sections damaged in the original camera negative