THE KISS
T. l.: Il bacio R.: Jacques Feyder. S.: George M. Saville. Sc.: Jacques Feyder, Hans Kraly. F.: William Daniels. M.: Ben Lewis. In.: Greta Garbo (Madame Irène Guarry), Conrad Nagel (avvocato André Dubail), Anders Randolf (Monsieur Guarry), Holmes Herbert (Monsieur Lassalle), Lew Ayres (Pierre Lassalle), George Davis (Durant). P.: Metro-Golwyn.Mayer. L.: 1750 m., D.: 64’ a 24 f/s.
Scheda Film
“Unico sopravvissuto dei partners della Garbo – ancor oggi, quasi novantenne, riappare in qualche TV movie – Lev Ayres aveva solo vent’anni quando osò chiedere il bacio che dà titolo al film. Fu l’inizio della sua avventura cinematografica, il dolce viatico col quale si avviò, l’anno dopo verso la sua migliore interpretazione, il soldatino di All’ovest niente di nuovo, e più tardi a divenire il dottor Kildare”.
Vittorio Martinelli
“Nonostante il nome della diva scintilli nei titoli di testa a caratteri dieci volte più grandi di quelli dei partner Conrad Nagel e Lew Ayres, The Kiss è un film di Jacques Feyder più che un film di Greta Garbo. Forse per la prima volta dagli esordi della sua carriera americana, Garbo si trova a percorrere ambienti, a illuminare inquadrature ordinate secondo una logica spaziale non interamente dipendente dal suo corpo. Il risultato è interessante: se The Kiss, dei film americani di Garbo, non è certo il più auratico, né il più indimenticabile, e nemmeno il più divertente, non ha tuttavia paragoni quanto a intelligenza registica e inventiva formale. È anche un film bizzarro, sbilanciato con audacia molto francese tra leggerezza e tragedia, una pochade che stabilisce un inatteso campo di libertà morale: c’è un colpo di pistola, c’è un morto, c’è un processo e c’è la piena assoluzione di un’assassina (sia pure preterintenzionale), infrazione ai codici che il cinema americano avviato alla sua era Hays non si sarebbe più permesso per molto tempo. Feyder inventa per Garbo un’allure più sofisticata e ironica. Non la abbandona quasi mai alla vertigine narcisistica dei primi piani prolungati e solitari, preferisce sperimentare gli equilibri possibili del suo viso con altre forme, con altri visi: la prima sequenza, nel museo, è come uno studio di prospettive e microspostamenti della sua testa e di quella di Conrad Nagel, amante languido e impaziente. Quanto a messinscene narcisistiche, d’altra parte, Feyder dimostra di saper fare di meglio. Solo una volta ci troviamo a guardare Garbo negli occhi, in un piano ravvicinatissimo che invade lo schermo, e, sorprendentemente, ad esserne guardati: ma è solo un attimo, la macchina da presa arretra e svela che lo sguardo era in realtà rivolto ad uno specchio”.
Paola Cristalli, Cinegrafie, n. 10, cit.
“L’ultima proposta del cinema muto, l’ultima speranza per coloro che lo amano, è sicuramente Greta Garbo. Ancora una volta ella interpreta una di quelle donne misteriose, il cui cuore è un mistero per qualsiasi uomo, per il marito, per l’amante – una performance da manuale di Conrad Nagel – per l’acerbo studentello il cui primo, goffo bacio provoca disastri. Fino a quel momento la storia promette emozioni a non finire. Dopo l’inevitabile colpo di pistola, invece, segue l’inevitabile crisi […]”.
Motion Picture, genn. 1930