The Big Knife

Robert Aldrich

T. it.: Il grande coltello. Sog.: dal dramma omonimo di Clifford Odets. Scen.: James Poe. F.: Ernest Laszlo. Mo.: Michael Luciano. Scgf.: William Glasgow. Mu.: Frank De Vol. Su.: Jack Solomon. Int.: Jack Palance (Charles Castle), Rod Steiger (Stanley Shriner Hoff), Ida Lupino (Marion Castle), Wendell Corey (Smiley Coy), Jean Hagen (Connie Bliss), Ilka Chase (Patty Benedict), Everett Sloane (Nat Danziger), Wesley Addy (Horatio ‘Hank’ Teagle), Paul Langton (Buddy Bliss), Nick Dennis (Mickey Feeney), Bill Walker (Russell), Mike Winkelman (Billy Castle), Shelley Winters (Dixie Evans). Prod.: Associates and Aldrich Company 35mm. D.: 111’. 

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

The Big Knife è tratto da un dramma di Clifford Odets che ha ottenuto un certo successo a Broadway e che Jean Renoir ha intenzione di allestire su un palcosce­nico. […] Ci si può chiedere se vale la pena di filmare drammi soprattutto se ci si priva dei vantaggi del libero adattamento come in questo caso. Credo tuttavia che sia naturale che un cineasta, interessato alla tecnica della sua arte e con in più una certa esperienza teatrale, sia tentato di piegare un testo di una certa tenuta lette­raria forgiandolo con le infinite possibilità del découpage cinematografico. […] Aldrich con il suo lirismo, la sua mo­dernità, il suo rifiuto della volgarità, con il suo desiderio di universalizzare e stilizza­re i soggetti che affronta, con il suo senso dell’effetto ci fa pensare costantemente a Jean Cocteau e a Orson Welles, i cui film, evidentemente non ignora. L’azione di The Big Knife avanza non per il gioco dei sentimenti né per quello delle azioni ma – e la cosa è più rara e più bella – per definizione morale dei personaggi. Man mano che il film procede, il produt­tore è sempre più produttore e la divetta sempre più divetta fino alla lacerazione e alla tragedia finale. I film di questo genere richiedono un’in­terpretazione eccezionale e in questo siamo perfettamente soddisfatti da Jack Palance, Ida Lupino, Shelley Winters e soprattutto da Rod Steiger che interpreta magnificamente il ruolo di un produttore patriota e democratico, feroce e senti­mentale, assolutamente delirante. Oltre a presentare un affresco molto esatto di Hollywood, The Big Knife è il film ame­ricano più raffinato e intelligente che ab­biamo visto da molti mesi a questa parte.
François Truffaut, I film della mia vita, trad. it. di Antonio Costa, Marsilio, Vene­zia 1978

 

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