Svetlyj Gorod
[La città luminosa] T. int.: Bright Town. T. alt.: Krasnyj platok, Slučaj s pis’mom. Sog.: dal racconto Krasnyj platok di Michail Rogi. Scen.: Ol’ga Preobraženskaja, Ivan Pravov. F.: Aleksej Solodkov. Scgf.: Dmitrij Kolupaev. Int.: Raisa Pužnaja (Nastas’ja Artëmova, contadina), Vasilij Gnedočkin (Pëtr Artëmov, operaio, suo marito), Emma Cesarskaja (Tonja, educatrice), Elena Maksimova (Marus’ka, vicina di Artëmov), Vladimir Čuvelëv (Berëzkin, amico di Artëmov), Evgenija Trubeckaja (madre di Tonja), Aleksandr Antonov (conducente), Aleksandr Timontaev (soldato dell’Armata Rossa), E. Terechov, Nadežna Kovalëva, Varvara Rizenko. Prod.: Sovkino. Pri. pro.: 4 settembre 1928. 35mm. L.: 250 m. D.: 11’ a 20 f/s. Bn.
Scheda Film
La città luminosa è il film meno noto e meno tipico di Ol’ga Preobraženskaja e Ivan Pravov. Invece di un vorticoso intreccio melodrammatico qui troviamo una trama esemplare: la rieducazione di una donna di campagna culturalmente arretrata trasferitasi in città insieme al marito attivista. Manca l’esotismo etnografico che rendeva i film della celebre coppia tanto attraenti agli occhi dei critici stranieri quanto irritanti a quelli dei critici sovietici. La fotografia discreta e le scenografie sottotono costringono lo spettatore a concentrarsi sulle sfumature della vita privata e quotidiana dei protagonisti. Il film è fatto proprio di queste sfumature. La città luminosa appartiene a un filone importante del cinema sovietico della fine degli anni Venti: il bytovyj fil’m, il film che ritrae la vita di tutti i giorni. Dopo le epopee storico-rivoluzionarie di Ejzenštejn e dei suoi seguaci e dopo le sperimentazioni con i generi classici compiute da Kulešov e dalla Fabbrica dell’attore eccentrico apparve una serie di film che si concentravano sulla descrizione della quotidianità. Lasciate da parte le sperimentazioni e le questioni formali, i registi individuarono un’altra funzione cruciale del cinema: lo studio dell’essere umano. Questa variante del cinema sovietico non era tuttavia destinata a durare a lungo: l’esperienza si esaurisce praticamente con Tret’ja Mešcˇanskaja (Letto e sofà) di Room e con alcuni film di Ermler e Barnet. In La città luminosa la padronanza registica di Preobraženskaja e Pravov si manifesta nella resa precisa e misurata dei dettagli psicologici: tanto nel lavoro con gli attori (il trio costituito da Raisa Pužnaja, Emma Cesarskaja e Elena Maksimova funziona qui alla perfezione), quanto nella scelta delle angolazioni, dei piani di ripresa. Uno stile di regia scarno e composto che diventerà la norma quaranta o cinquant’anni dopo. Il grande pubblico reagì al film senza entusiasmo. Uno dei lavoratori-attivisti che presenziarono alla prima proiezione pubblica disse: “La realtà sarà anche questa. Ma a noi bisogna mostrare non come viviamo, ma come dobbiamo vivere”. Fu sommerso dagli applausi. Per noi La città luminosa è una rara testimonianza di ‘come vivevano’ e di quello che i film degli anni Venti erano capaci di mostrare. Della strada che il cinema sovietico avrebbe potuto prendere ma che non prese. Tutto questo fa dell’unico rullo superstite del film un documento storico e artistico straordinario.
Pëtr Bagrov