SUR LES BORDS DE LA CAMERA

Henri Storck

35 mm.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Film di montaggio realizzato utilizzando materiale di attualità del 1928.
“In Images d’Ostende si vedeva continuamente il mare e, a metà proiezione, Vigo cominciò a disturbare gridando: “Quant’acqua! Quant’acqua!” imitato ben presto da altri giovani. Alla fine della proiezione Storck, reagendo alla sua timidezza, cercò l’organizzatore della protesta per spiegargli educatamente il suo film. Fu allora Vigo a sentirsi imbarazzato e con una lunga conversazione i due giovani fecero amicizia” (da P.E. Sales Gomes Jean Vigo, Editions du Seuil)
“Belga, nato nel 1907, Storck fonda ancora giovanissimo un cineclub a Ostenda col pittore e amico intimo Félix Labisse. Tra i sostenitori c’è James Ensor, ritenuto fra i precursori del surrealismo. La carriera di Storck prende inizio nel 1929: Pour vos beaux yeux, da un soggetto di Labisse, storia surreale di un occhio di vetro. Di che occhio, vitreo e autonomo, si tratti non occorre dirlo. Richiamiamo invece una coincidenza. Nella stessa 1929: Buñuel dà l’avvio a Un chien Andalou squarciando con un rasoio un globo oculare, raddoppiato dalla luna; Joris Ivens aveva appena sperimentato, Io-Film, una sorta di soggettiva continuata sostituendo la macchina da presa con l’organo della vista; Dziga Vertov, Uomo con la macchina da presa, plana per Mosca col suo cineocchio futurista, mentre Jean Vigo, insieme a Boris Kaufman (fratello di Vertov) vaga per una Nizza canicolare, A propos de Nice, lì dove la borghesia francese si stordisce nel segno del grottesco, della carne e della morte – come dice Vigo – “fino a darvi la nausea e rendervi complici di una soluzione rivoluzionaria”. Autori e film, questi, non riconducibili alla categoria semplice ed accademica di “scuola” o di “cinema documentario”; si intravede piuttosto una possibilità, a tutt’oggi inesausta, di una pratica d’avanguardia, sovversiva o, almeno, differente. Infatti Storck, realizzati altri quattro film, tra cui Images d’Ostende, prende parte al Secondo Congresso Internazionale del Cinema Indipendente che si tiene a Bruxelles tra il 28 novembre e il dicembre 1930 – dopo quello di Le Sarraz, nei pressi di Losanna che, l’anno precedente aveva visto la partecipazione di Ejzenstejn, Aleksandrov, Vertov, Richter, Ruttmann, Sartoris, Cavalcanti e altri. Nel 1931, Vigo gira Taris ou La natation, Storck Une idylle à la plage, dove si ricorda, per qualità plastico figurative, di Ensor e Labisse, ma anche di Man Ray di L’étoile de mer. Storck si stabilisce in Francia: qui lavora a Zéro de conduite (1933) come assistente di Vigo, come direttore di produzione e scenografo e fa pure la parte di un pretino spaurito. Sempre in Francia, Henri Storck gira Les travaux du tunnel sous l’Escaut, Boris Kaufman operatore; Histoire du soldat inconnu, film di montaggio pacifista e antimilitarista; Trois vies et une corde, sull’alpinismo, ultimo film francese. Tornato in Belgio, nel 1933, realizza insieme a Joris Ivens lo splendido Borinage. Quindi, altri “documentari, invero autentici poemi cinematografici, che cantano la propria terra (Jeux de l’été et de la mer, 1933) e l’altrove (L’ile de Paques, 1935). Per la propria sensibilità, amicizia, formazione, Storck è anche autore di film sull’arte: Le monde de Paul Delvaux (1944), testo di PauI Eluard; Rubens (1947). Anche in questa caso, entro un genere tra i più anodini e noiosi, Storck conferma di saper incrociare andamento lirico e precisione (“Adoro essere coscienzioso come i pittori di una volta che dipingevano una sedia con amore) e intelligenza: come in La fenetre ouverte, progetto di studio sulla evoluzione del paesaggio dal Medioevo ai nostri giorni. Infine, nel 1951, si misura col lungometraggio di finzione, Le banquet des frauders, dalla sceneggiatura di Charles Spaak”. (Michele Canosa)

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