Sosialismi

Peter von Bagh

Scen.: Peter von Bagh. F.: Arto Kaivanto. M.: Petteri Evilampi DCP. Bn e Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Per la prima volta dopo tanto tempo, Peter von Bagh affronta una tematica più vasta della storia finlandese: il socialismo, il sogno più grande del Ventesimo secolo e la fonte dei suoi incubi più bui. Come sempre la storia si sviluppa lungo un arco sostanzialmente cronologico: Sosialismi si apre con una delle prime immagini in movimento della storia del cinema, La Sortie de l’Usine Lumière à Lyon (1895) di Louis Lumière, e con l’energia e le teorie che diedero vita al marxismo, per concludersi nel presente, quando le icone della speranza in un mondo migliore e più giusto sono state trasformate in prodotti di consumo, mercanzia, opinioni esibite più che profonde convinzioni. Come sempre l’unico modo per avvicinarsi alla verità inafferrabile e più desiderabile sono le digressioni; il viaggio avanti e indietro nel tempo; il ricordo della Spagna; alla vista di un poster di Chaplin e della Legione Condor che buca le nuvole, l’associazione immediata (per esempio con il Vietnam); le figure e il paesaggio, i volti e i luoghi riportati alla mente da una canzone (i funerali di stato che scorrono sull’onda di Auf Wiedersehens sono insieme comici, inquietanti, brutalmente appropriati e feroci, per citare solo un esempio); l’omaggio a certi ragionamenti, a certe immagini (il modo in cui i dipendenti dei Lumière si trasformano in una manifestazione di protesta, pugni proletari alzati verso il cielo, un mare di bandiere che sappiamo essere rosse anche se il film è in bianco e nero). Von Bagh, forse il più sincero benjaminiano del cinema contemporaneo, ci mostra come il socialismo e il cinema – sia esso documentario o di finzione – siano la stessa cosa, e come la vita stia tutta nel non essere soli ma sempre una sola persona. E ci dice che il cinema e il socialismo ci saranno sempre, come sapeva bene Tom Joad.

Olaf Möller