SEDOTTA E ABBANDONATA

Pietro Germi

T. int.: Seduced and Abandoned. Sog.: Pietro Germi, Luciano Vincenzoni. Scen.: Age [Agenore Incrocci] e Scarpelli [Furio Scarpelli], Luciano Vincenzoni, Pietro Germi. F.: Aiace Parolin. M.: Roberto Cinquini. Scgf.: Carlo Egidi. Mus.: Carlo Rustichelli. Int.: Stefania Sandrelli (Agnese Ascalone), Saro Urzì (don Vincenzo Ascalone), Aldo Puglisi (Peppino Califano), Lando Buzzanca (Antonio Ascalone), Leopoldo Trieste (barone Rizieri), Rocco D’Assunta (Orlando Califano), Lola Braccini (Amalia), Umberto Spadaro (avvocato Ascalone). Prod.: Franco Cristaldi per Lux-UltraVides, Compagnie Cinématographique de France. DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Sulla lapide di Vincenzo Ascalone campeggia la scritta: “Onore e famiglia”. Lui, per tutto il film, non ha fatto altro che ordire stratagemmi sempre più catastrofici e occultamenti sempre più asfissianti per salvaguardare e perpetuare questa diade intoccabile, su cui un intero equilibrio sociale pare necessariamente reggersi. Solo che tutto gli congiura contro: una figlia troppo bella (la Sandrelli qui è indimenticabile), il sole troppo a picco, una frenesia del desiderio che convenienze e convenzioni non sono in grado di arginare. Il risultato non può essere altro che un cocktail micidiale di schizofrenia e isteria collettive, che divora corpi spossati e nervi collassati, e fa sfilare un carosello di mostri degni di Goya. Il film è un prodigio ritmico e visivo, dove il divertimento, per quanto assicurato, si lascia infiltrare implacabilmente dalla desolazione grottesca in cui specchiare la nostra civiltà. Che non è solo quella siciliana dei lontani anni Sessanta.

Andrea Meneghelli

 

Io trovo che il mio non è nemmeno un film molto siciliano, il film trae spunto dalla realtà siciliana, ci affonda dentro con tutte le radici per mirare a un significato assolutamente simbolico che è proprio quello dell’alienazione, cioè è la rappresentazione di uomini alienati da un mito che in questo caso è quello dell’onore, che in altri casi può essere un altro mito, può essere la Patria, il Denaro, la Religione, non lo so, ce ne sono tanti. È la rappresentazione di un mondo alienato, in chiave grottesca, quindi esasperata, quindi gonfia, con un lievito velenoso. […] Questo veleno, se vogliamo limitarci alla considerazione del fatto onore-donna, un rapporto uomo-donna-onore-famiglia-legge che regola queste cose mi pare che sia tutt’altro che superato. Voi credete che sia superato, ma non è vero. Se voi sapeste quante vite sacrificate ci sono, ma non solo in Sicilia, io prendo così la Sicilia anzitutto perché mi piace, perché mi eccita come paesaggio, ma io credo che intanto mezza Italia sia pressappoco nelle stesse condizioni psicologiche. […] Mi piacerebbe che un critico dicesse “da questa storia che fa ridere si esce con un senso agghiacciato di paura, come dopo aver assistito a una galleria di cose, di facce, di mostri”.

Pietro Germi in Pietro Germi. Ritratto di un regista all’antica, a cura di Adriano Aprà, Massimo Armenzoni, Patrizia Pistagnesi, Pratiche, Parma 1989

Copia proveniente da

Restaurato in 4K nel 2019 da Cineteca di Bologna, in collaborazione con Cristaldifilm e con il sostegno di Ministero della cultura, presso il laboratorio L’Immagine Ritrovata