SARABAND

Ingmar Bergman

Scen.: Ingmar Bergman; F.: Per Sundin; Op.: Raymond Wemmenlöv, Sofi Stridh, P.O. Lantto; M.: Sylvia Ingemarsson; Scgf.: Göran Wassberg; Cost.: Inger Eliva Pehrson; Trucco: Cecilia Drott-Norlén; Mu.: Anton Bruckner, Johann Sebastian Bach; Ass.R.: Torbjörn Ehrnvall; Int.: Erland Josephson (Johan), Liv Ullmann (Marianne), Börje Ahlstedt (Henrik), Julia Dufvenius (Karin), Gunnel Fred (Martha); Prod.: Sveriges Television HD Sonycam D.: 107’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Già leggendo la sceneggiatura, Saraband appariva come un manifesto di bergmanismo puro. È il ritorno di Johan e Marianne, i protagonisti di Scener ur ett äktenskap (Scene da un matrimonio), trent’anni dopo. Sono invecchiati, e decisamente cambiati. […] La sarabanda è una danza di corte del Rinascimento, lenta e lasciva, fatta per coppie che si fanno e si disfano. Scegliendo questo titolo, piuttosto che quello inizialmente immaginato (Anna), che designava troppo apertamente un film cristiano sull’icona e il suo potere, Bergman non ha rinunciato a niente, ha solo trasferito: l’ineffabile, è anche una questione musicale. Dell’abilità della regia, stupefacente fino al minimo dettaglio, della precisione della recitazione, non ho detto nulla. Raggiungono e superano, per purezza assoluta, ciò che Bergman ha fatto nei suoi più grandi capolavori. E Saraband è, in un certo senso, il suo più grande capolavoro. In ogni caso, il suo ultimo film più bello.

Jacques Aumont, in “Cahiers du cinéma”, 588, 2004

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