RYSOPIS
Sog., Scen., Scgf.: Jerzy Skolimowski. F.: Witold Mickiewicz. M.: Halina Grondek, Jerzy Skolimowski. Mus.: Krzysztof Sadowski. Int.: Jerzy Skolimowski (Andrzej Leszczyc), Elżbieta Czyżewska (Teresa/Barbara/ la moglie di Leszczy), Tadeusz Minc (Mundzek Kruszyfiskì), Andrzej Żarnecki (Raymond), Jacek Szczęk (Mundek), Juliusz Lubicz-Lisowski, Marek Piwowski. Prod.: PWSTiF. DCP. Bn.
Scheda Film
Rysopis è un’autobiografia imperfetta, poiché l’esistenza di Andrzej Leszczy ricorda solo in certi punti quella del regista. Si tratta più esattamente del ritratto di qualcuno che gli assomiglia come un fratello (“Cosa vuol dire, assomigliare?” J.S.). La frontiera tra il vero e il fittizio, tra l’‘io’ e il ‘lui’ è imprecisa, e la grande originalità di Skolimowski è di abolire la distinzione tra soggettivo e oggettivo. Non smettiamo di ‘seguire’ Andrzej ma vediamo e sentiamo il mondo come lui, e diventiamo nello stesso tempo giudici e parte in causa. Senza dubbio mai un film aveva spinto sino a questo punto l’identificazione con un personaggio principale, e senza alcun ricorso al flashback, né alle false buone soluzioni del commento fuori campo o della camera soggettiva già usata da Daves o da Montgomery. Skolimowski, nella preoccupazione di far prendere parte a un’esperienza personale, concentra i suoi film nel tempo, che si svolgono tutti nell’arco di uno o due giorni […]. Ma durante quelle ore cruciali in cui l’eroe fa, senza veramente volerlo, il bilancio della sua vita, la macchina da presa non lo abbandona più. Trentanove inquadrature in Rysopis […], ecco come, a prezzo di tutte le prodezze tecniche, l’autore conta di cogliere con tutta la fluidità possibile l’itinerario del suo personaggio. […]
Queste peregrinazioni rinviano a una psicologia del comportamento. Andrzej è un instabile, alla ricerca perpetua del suo equilibrio e persino del suo io. E non è solo nelle palestre che egli pratica lo shadow-boxing, cioè la lotta contro la sua ombra. Leszczyc è preoccupato di sé stesso in maniera estrema. Un banco di caffè, uno specchio screpolato, gli suggeriscono contemplazioni narcisistiche. L’egocentrismo è la chiave della sua personalità, lo spazio non lo interessa che come estensione del proprio corpo, e il masochismo (Skolimowski playboy evidente e fiero del proprio fisico riceve in ogni film una severa dose di botte) è ancora una volta una maniera di sentirsi esistere.
Michel Ciment, La testa e le gambe, “Positif ”, n. 77-78, luglio 1966; trad. it. in “Ombre Rosse”, n. 4, marzo 1968