ROBIN HOOD

Allan Dwan

S.: da un racconto di Elton Thomas (pseudonimo di Douglas Fairbanks). Sc.: Lotta Woods. F.: Arthur Edeson. Scgf.: Wilfred Buckland, Irvin J. Martin, Edward M. Langley. C.: Mitchell Leisen. In.: Douglas Fairbanks (Robin), Wallace Beery (Riccardo), Sam De Grasse (Giovanni), Enid Bennett (Marian Fitzwalter), Paul Dickey (Guy de Gisbourne), William Lowery (sceriffo di Nottingham), Willard Louis (Fra Tuck), Alan Hale (Giovanni da piccolo), Maine Geary (Will Scarlett), Billie Bennett (dama di compagnia di Marian). P.: Douglas Fairbanks Pictures (United Artists). 35mm. L.: 3298m. D.: 131’ a 22 f/s.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Robin Hood (1922) portava la firma degli stessi sceneggiatori, ma questa volta Fairbanks appariva sotto lo pseudonimo di Elton Thomas (i suoi due secondi nomi). Le scenografie furono disegnate per la prima volta da Wilfred Buckland, proveniente dagli studi Belasco, in collaborazione con Langley e Robert Fairbanks, la cui abilità di ingegneri costituì spesso il valido fondamento dei miracoli fisici che Fairbanks compiva con apparente naturalezza soltanto dopo una meticolosa preparazione. (Le tavole su cui doveva saltare, per esempio, venivano modificate esattamente fino al punto in cui non risultava più visibile alcuno sforzo nello svolgimento dell’azione.) In realtà Fairbanks dimostrò di essere perfettamente consapevole del rischio che il suo personaggio venisse sminuito da una scenografia sbagliata. Il castello di Robin Hood, quasi 30 metri di altezza e con un interno così vasto da poter essere illuminato soltanto dalla luce del giorno, è tuttavia ideato per essere la più grande scenografia mai costruita a Hollywood. Venne realizzato durante un’assenza di Fairbanks, che si trovava a New York, e al suo ritorno (secondo quanto riferisce Dwan, citato da Kevin Brownlow in The Parade’s Gone By) le sue parole furono: ‘Non posso competere con una cosa del genere. Il mio lavoro è qualcosa di intimo. La gente mi conosce come un attore intimo. Non posso lavorare in una cosa enorme come questa. Cosa potrei fare, là dentro?’. Dwan glielo spiegò, facendogli vedere lo scivolo che Robert Fairbanks aveva ideato per la scena in cui Robin Hood, intrappolato su un balcone a 15 metri di altezza da terra, si lancia oltre il parapetto e si mette in salvo scivolando lungo la falda di un enorme tendaggio”.

(David Robinson, L’eroe, cit.)

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