RÄCHENDE LIEBE
R.: Josef Stein. S.: Harry Waghalter. In.: Maria Carmi, Hedwig Strohbach. P.: Deutsche Bioscop. 35mm. L.: 1426m. D.: 79’ a 16 f/s
Scheda Film
“Maria Carmi (Norina Gilli, 1880-1957). Sposata al commediografo tedesco Karl Vollmöller, Maria Carmi decise di diventare attrice su suggerimento di Max Reinhardt, del quale prese a frequentare la scuola di recitazione. E fu proprio Reinhardt ad offrirle un debutto d’eccezione con Das Mirakel (1911), una pantomima teatrale che ebbe la prima a Londra e l’anno dopo divenne anche un film. Sempre con Reinhardt, la Carmi apparve in Eine venezianische Nacht (1912), ‘sapido impasto di burla, di sogno e di commedia dell’arte mista a romanticismo nordico’ (Savio).
Ritornata in patria, la Cines ne fece la protagonista di Retaggio d’odio (1914), audace tentativo di film psicologico, regia di Nino Oxilia. Dopo altri due film, tra cui La mia vita per la tua (1914), soggetto di Matilde Serao, l’attrice divise con Giovanni Grasso e la Balestrieri il vedettariato del mitico Sperduti nel buio e fu poi accanto alla grande tragica Giacinta Pezzana in Teresa Raquin. Allo scoppio della guerra, seguì il marito in Germania ove rimase fino al termine delle ostilità; nel cinema tedesco divenne popolarissima attraverso una ventina di film oggi tutti andati perduti, salvo Rächende Liebe (La vendetta dell’amore, 1917), fortunamente ritrovato nei fondi della cineteca di Mosca.
Atteggiamento altero, tratti signorili, una maschera severa ma dalle sfumature dolci, Maria Carmi fu ideale interprete di quei melò destinati al pubblico alto e medio-borghese, continuando sullo schermo una tradizione di prima donna di stile ottocentesco, alla quale veniva richiesto assieme alle doti professionali una avvenenza ed un fascino di qualità essenzialmente amorosa.
Nel 1920 la Carmi divorzia da Vollmöller e torna in Italia, dove i suoi film tedeschi, dopo una accurata degermanizzazione, vengono presentati come film italiani per eludere il boicottaggio ancora in atto verso i prodotti tedeschi. Anche se vecchi di cinque o sei anni, hanno un esito discreto, mentre critiche feroci e sonori dissensi incontra Forse che sì, forse che no (1922), dal romanzo di D’Annunzio, regia del francese Gaston Ravel. Delusa e amareggiata, la Carmi chiude con il cinema e torna alle scene: al Teatro degli Indipendenti di Bragaglia interpreta Marinetti, Pirandello ed altri. Chiamata in America da Reinhardt per una ripresa de Il miracolo, che poi non ebbe luogo, l’attrice sposa a New York il principe georgiano Matchabelli, apre una scuola di recitazione, poi si darà agli studi esoterici”. (Vittorio Martinelli)
“Quando Maria Carmi bacia ogni poro del suo corpo è un paio di labbra aperte, quando esulta, la gioia guizza come una fiamma al calor bianco dalla punta delle sue dita. Quando si dispera, spasima con tutti i nervi convulsi come sotto il taglio di un dolore lampante. Non ho mai visto una devota abbracciare con più fervore l’immagine della vergine. La pietra sembrava sciogliersi sotto la supplica delle sue mani. Le eruzioni torrenziali di incandescenza transalpina irrompono. Il suo profilo affilato e aristocratico divide l’insieme di un’emozione nei suoi più misteriosi dettagli più di quanto una parola potrebbe mai. Le sue mani sono un prodigio da fiaba; vivono una vita loro queste mani illimitate, affusolate e sapienti, talvolta diventano gli artigli terribili di un predatore e subito dopo invocano col desiderio di una monaca tenera. Sono annunciatrici di massime beatitudini: si pongono allo stesso modo sulla nuca degli amanti e sui pugnali. Quando queste dieci snellezze di marmo di Carrara plasmato alla vita accarezzano una rosa o passano quasi involontariamente fra i ricci di un uomo non c’è bisogno di guardare l’attrice in volto, poiché le sue mani tradiscono tutto: l’agguato e l’amore, la crudeltà e la pia adorazione. Le mani di Maria Carmi sono un sogno selvaggio”. (Manfred Georg, Die Hände der Maria Carmi, 1916, ora in Fritz Güttinger, Kein Tag ohne Kino, 1984)