QUAI DES ORFÈVRES

Henri-Georges Clouzot

Sog.: dal romanzo Légitime défense di Stanislas-André Steeman. Scen.: Henri-Georges Clouzot, Jean Ferry. F.: Armand Thirard. M.: Charles Bretoneiche. Scgf.: Max Douy. Mus.: Francis Lopez, Albert Lasry. Int.: Suzy Delair (Jenny Lamour), Louis Jouvet (l’ispettore Antoine), Simone Renant (Dora), Bernard Blier (Maurice Martineau), Claudine Dupuis (Manon), Charles Dullin (Brignon), Jeanne Fusier- Gir (Pâquerette), Pierre Larquey (Emile), Raymond Bussières (Albert). Prod.: Roger De Venloo, Louis Wipf per Majestic Films. DCP. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dopo la Liberazione, il nome di Henri-Georges Clouzot era stato inserito nella lista nera perché colpevole di avere realizzato un film ‘denigratorio’ contro la Francia come Le Corbeau (1943). Questa ingiusta condanna gli venne confermata nel 1946 con l’interdizione dai set per altri due anni ma un produttore, Tolia Eliacheff, riuscì a far terminare in anticipo l’esilio di Clouzot e gli propose di girare un poliziesco. Il regista si ricordò “di un eccellente romanzo del grande specialista belga Steeman, Légitime défense, letto tempo fa e che mi aveva fatto una forte impressione”. Già in due occasioni Clouzot aveva adattato le storie di Stanislav-André Steeman (per Le Dernier des six, 1941, di Georges Lacombe e per il proprio esordio, L’Assassin habite au 21, 1942) e anche stavolta se ne ispirò con libera spregiudicatezza, modificando il punto di vista narrativo, gli ambienti e lo svolgimento finale dell’inchiesta, compresa l’identità del colpevole. Se la sceneggiatura fu scritta in tempi brevissimi con Jean Ferry, lo storyboard che lo stesso Clouzot curò con lo scenografo Max Douy richiese due mesi di lavoro, cui si aggiunge una ricerca di climi e dettagli che il regista volle intraprendere personalmente, trascorrendo settimane con la polizia nel vero Quai des Orfèvres, che, come spazio chiuso e squallido, divenne una delle due dimensioni essenziali del film. L’altra è il sottobosco dei music-hall parigini, dei fotografi e degli impresari. L’indagine poliziesca condotta dall’ispettore aggiunto Antoine, disilluso, povero e claudicante, è pretestuale per tracciare un quadro livido e amaro della Francia del dopoguerra, filmata nei chiaroscuri e nel gelo di una derisoria atmosfera natalizia dove campeggia un’indimenticabile galleria di sanguigna umanità – dalla vittima, il vizioso impresario Brignon, al pianista geloso Martineau, dalla sensuale e civettuola soubrette Jenny Lamour alla fotografa Dora, personaggio di lesbica connotato eccezionalmente in modo non negativo. Clouzot entrò in sintonia con un mostro sacro come Louis Jouvet, diffidente verso il cinema, e che lodò pubblicamente il suo metodo, mentre non esitò a ricorrere alla violenza fisica – che rientrava anch’essa nel suo ‘metodo’ – nei confronti di Bernard Blier e Suzy Delair, interprete nel film anche di una canzone maliziosa, Le Petit Tra-La-La, che contribuì al successo internazionale del film.

Roberto Chiesi

 

La recensione su Cinefilia Ritrovata

Copia proveniente da

Restaurato in 4K da Studiocanal con il sostegno di CNC – Archives Françaises du Film presso Digimage classic, a partire dal negativo nitrato originale