PESN’ O SČAST’E

Mark Donskoj, Vladimir Legošin

[La canzone della felicità] Scen.: Georgij Cholmskij con modifiche di Michail Blejman. F.: Nikolaj Ušakov. Scgf.: Semën Mejnkin. Mus.: Grigorij Lobačëv. Supervisione artistica: Sergej Jutkevič. Int.: Vladimir Gardin (il professore di musica), Janina Žejmo (Anuk), Michail Viktorov (Kavyrlja), Boris Tenin (Goroch), Boris Čirkov (capo del reparto disciplinare del carcere), Fëdor Nikitin (l’insegnante di musica), Ignatij Moskvin (il taglialegna di Lebedev), Leonid Kmit (Grjaznov), Nikolaj Mičurin (Lebedev/nonna di Anuk). Prod.: Vostokfilm. 35mm. D.: 85’. Bn.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

L’enfant terrible Mark Donskoj, un pazzo (o un attore, su questo non c’è ancora consenso), veniva raramente preso sul serio dai suoi colleghi sovietici. Fu l’adorante interesse prima dei neorealisti italiani e poi dei “Cahiers du cinéma” per i suoi capolavori, la Trilogia di Gor’kij (1937-39), Raduga (Arcobaleno, 1943) e Dorogoj cenoj (Il cavallo che piange, 1958) a spingere i connazionali di Donskoj a riconoscerne l’importanza. Pesn’ o sčast’e è il primo sonoro del regista e il primo in cui la sua estetica e la sua filosofia sono chiaramente visibili.
Era stato pensato come film di poca importanza, come tutti i titoli prodotti dalla Vostokfilm, compagnia cinematografica nomade che girava l’est dell’Unione Sovietica per ritrarre la vita delle popolazioni locali. Donskoj e il suo co-regista Vladimir Legošin (che tre anni dopo diresse uno dei più bei film sovietici per ragazzi, Beleet parus odinokij / Biancheggia una vela solitaria) dovevano girare un film sui Mari, un popolo ugrofinnico che viveva in Russia lungo il Volga.
Né Donskoj né Legošin s’interessavano di etnografia. Ma entrambi furono felici di scegliere come protagonista un ‘uomo della natura’. Le sue attività erano ridotte al minimo, e il compito dell’attore Michail Viktorov era confondersi con gli alberi e con l’acqua (la poetica fotografia di Nikolaj Ušakov è una componente cruciale), o con la musica: ben poco qui si regge sul linguaggio umano, mentre un flauto diventa quasi un personaggio a tutti gli effetti, e alcuni dei ‘dialoghi’ e ‘monologhi’ emotivamente più ricchi sono proprio i suoi.
Quello che doveva diventare l’ennesimo ‘dramma ottimista’ (il genere prediletto dei sovietici) sulla formazione di un personaggio dotato di coscienza di classe diventò una via di mezzo tra una fiaba, una sacra rappresentazione e una commedia eccentrica. Pesn’ o sčast’e ebbe un’accoglienza calorosa. Difficile dire di cosa parlasse il film ma una cosa era chiara: Donskoj aveva il dono di trasformare in cinema tutto quello che toccava.

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