OBLAKO-RAJ

Nikolaj Dostal’

Scen.: Georgij Nikolaev. F.: Jurij Nevskij. M.: Marija Sergeeva. Scgf.: Aleksej Aksënov. Mus.: Aleksandr Gol’dštejn. Int.: Andrej Žigalov (Kolja), Sergej Batalov (Fedja), Irina Rozanova (Valja), Alla Kljuka (Natal’ja), Anna Ovsjannikova (Tat’jana Ivanovna), Vladimir Tolokonnikov (Filomeev), Lev Borisov (Filipp Makarovič). Prod.: Alexandr Michajlov. 35mm. D.: 79’. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Dal punto di vista del tasso di sopravvivenza dei film, per la Russia gli anni Novanta possono essere paragonati all’epoca del muto. Società di produzione e di distribuzione spuntarono come funghi e spesso scomparirono altrettanto rapidamente. Oblako-raj è una vittima di quella situazione: il suo negativo camera fu spedito in Francia (dove il film fu distribuito) e poi si volatilizzò.
In un paesino nel quale non succede mai nulla, l’acquisto di un ombrello nuovo diventa un affare di stato per tutto il quartiere. Qui non c’è nulla di post-apocalittico: ciascun personaggio ha davanti a sé una vita, ma non c’è modo di ‘impiegarla’, questo è il problema. Così quando un giorno un tizio si lascia sfuggire che sta per trasferirsi a lavorare dall’altra parte del paese, la notizia non solo è presto sulla bocca di tutti, ma diventa una ragion d’essere, il “momento di gloria, ora locale” (così fu inizialmente intitolata la sceneggiatura). Il solo fatto che possa cambiare qualcosa nella vita di una persona dà speranza a tutti. E così il povero disgraziato non ha il coraggio di ammettere che si è inventato tutto.
Difficile dire a quale tradizione Oblako-raj appartenga, se sia l’inchino finale del grande cinema sovietico o la prima avvisaglia del nuovo cinema russo. Forse sono vere entrambe le cose. Questo spiegherebbe perché, in un paese dilaniato dalle lotte ideologiche, il film fu elogiato da tutti. E non solo lì. Con grande sorpresa del suo regista, al Festival di Locarno Oblako-raj fu accolto da un’ovazione e premiato con un Pardo d’argento. “È surrealismo, questo?”, chiese un giornalista alla conferenza stampa. “No, è la realtà russa”, rispose il regista.
Ma è proprio la capacità di Nikolaj Dostal’ di distanziarsi da questa realtà e di riconoscerne le qualità grottesche (a volte sembra puro teatro dell’assurdo) pur conservando la massima simpatia per i personaggi che colloca Oblako-raj nel più vasto contesto del cinema classico con il suo messaggio umanista. La splendida fotografia di Jurij Nevskij svolge qui un ruolo fondamentale. I personaggi sono in genere fotografati con un obiettivo grandangolare appena percepibile (questo accentua l’effetto surreale), mentre gli esterni, che non sono molti, sono prevalentemente ripresi con panoramiche verticali. Il contrasto fornisce una tensione molto efficace.
I registi russi capivano benissimo il significato di quel periodo di transizione, e negli anni tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta erano frequenti le parabole e le allegorie. Gli intenti di Dostal’ erano modesti: lui definisce il suo film “una storiella”, anche oggi che questa storiella è sopravvissuta alla maggior parte delle parabole.

Peter Bagrov

Copia proveniente da

Restaurato nel 2019 da Gosfilmofond con la consulenza di Nikolaj Dostal’ e Jurij Nevskij a partire da un controtipo negativo