MODERN TIMES

Charles Chaplin

Sc.: Charles Chaplin. F.: Roland Totheroh, Ira Morgan. In.: Charles Chaplin (l’operaio), Paulette Goddard (l’orfana), Henry Bergman (il padrone del ristorante), Chester Conklin (il capomeccanico), Stanley J. Sanford, Hank Mann, Louis Natheaux (i ladri), Allan Garcia (il direttore della fabbrica), Lloyd Ingraham (il direttore della prigione), Stanley Blyston, Sam Stein, Juana Satton, Jack Low, Walter James, Dick Alexander, Dr. Cecil Reynolds, Myra McKinney, Heinie Conklin, John Rand, Murdoch McQuarrie, Wilfred Lucas, Edward le Saint, Fred Maltesta, Ted Oliver, Edward Kimball. P.: Chaplin – United Artists. 35mm. L.: 2400 m. D.: 88’ a 24 f/s

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Chaplin era solito prendere nota delle idee da sviluppare nel film, sia immaginando l’atmosfera generale della situazione, sia descrivendo dettagliatamente le gag, le entrate in scena dei personaggi, i loro movimenti e le loro smorfie. Alcune centinaia di pagine dattiloscritte documentano l’incessante lavoro di revisione e perfezionamento e mostrano che cosa significhi “pensare un film”. Gli Story Notes di Modern Times, elaborati presumibilmente tra il 1931 e il 1934, rendono conto, sia pure in maniera frammentaria, delle diverse fasi del soggetto e delle successive modifiche intervenute in molte scene del film. L’analisi di tali documenti permette, dunque, di recuperare i primi scherzi chapliniani al “moderno”, liberi da ogni mediazione e compromesso. Come, poi, le trovate originarie siano riuscite a passare indenni attraverso gli ingranaggi della “grande macchina” produttiva, lo si può comprendere sfogliando il Production Report (Diario di produzione), prezioso documento nel quale sono registrate e descritte dettagliatamente tutte le riprese effettuate giorno per giorno, dall’ottobre del 1934 all’agosto del 1935.

I ripensamenti, le annotazioni al margine di una scena – che i filologi definirebbero “varianti d’autore” – arricchiscono gli Story Notes, come pure il Cutting Continuity (Copione di montaggio) e l’elenco delle didascalie, riportando alla luce una sorta di “opera prima dell’opera”.

Tra questi documenti, conservati presso l’Association Chaplin di Parigi, ve ne sono alcuni che riportano titoli diversi. The Commonwealth è il titolo di un soggetto che ha molti punti in comune con la versione definitiva di Modern Times. La ricchezza dei significati della parola “Commonwealth” ben si addice all’intento ironico del film: oltre al primo significato, quello di “confederazione, comunità indipendente”, il termine in passato era usato per designare il “benessere pubblico” (common-wealth, ove wealth sta per well being)! L’uso del paradosso sembra divertire Chaplin, dal momento che sceglie come seconda variante del titolo The Masses, anche se protagonista delle vicende è un vagabondo, spesso emarginato, che solo casualmente e involontariamente si trova a rappresentare la classe dei lavoratori o a essere integrato in un gruppo. L’attenzione al sociale è ugualmente presente nel film come nei soggetti che lo precedono, ma nei documenti consultati si scopre un vivo interesse per il sistema economico e per le sue trappole. Negli Story Notes si legge: “Dissolvenza su un telegramma nel quale è scritto: Il prezzo sul mercato delle banane è in rovina, a causa dell’eccessivo approvvigionamento. Distruggere le nuove consegne”. Un uomo, vicino alla nave, sta leggendo il telegramma, poi lo getta a terra e si appresta ad eseguire gli ordini. La monella lo raccoglie, lo legge e decide di rubare la frutta per nutrirsi e per distribuirla ai bambini del porto, proprio come nel film dal quale, però, è tagliata la scena del telegramma! Ciò modifica sensibilmente il senso del furto. (…) L’elaborazione – il gioco delle “varianti” – non si limita solo ad un lavoro di lima. È piuttosto una creazione sempre in movimento, identificabile in intuizioni nuove e risolutrici. L’idea poetica del film è conquistata istante per istante, sulla pagina, attraverso la parola, poi nelle immagini, durante le riprese. (Anna Fiaccarini,  in Cinegrafie, n. 13, 2000)

Comporre musica per il cinema è un’arte, spesso misconosciuta, che richiede molto tempo e che soltanto pochissime persone al mondo, nel 1935, sapevano esercitare nel modo migliore. Eppure le sue musiche, fondendosi con il tessuto visivo dei film, costituiscono un elemento fondamentale del loro prolungato successo. Nella sua partitura per Modern Times Chaplin ha compiuto un miracolo.

Per scrivere le proprie musiche fece ricorso a vari arrangiatori e orchestratori i quali, di volta in volta, ne annotavano i temi e li arrangiavano secondo i suoi esigenti criteri. Chaplin aveva una concezione estremamente chiara del colore dell’orchestrazione e non era semplice far sì che quanto veniva annotato sulla carta corrispondesse esattamente a ciò che lui, come compositore, aveva in mente. A prescindere dall’arrangiatore con il quale egli si trovava a lavorare, vi sono elementi comuni che ricorrono in tutte le sue composizioni. Questa sorta di filo conduttore è riscontrabile soprattutto nella sua sensibilità per la melodia e l’armonia e nella sua abilità nell’accompagnare l’azione in modo perfetto. (…) La partitura di Modern Times è la più solida, complessa e innovativa fra tutte le opere musicali di Chaplin. È un’ampia tavolozza di sviluppi musicali e audaci formule sinfoniche che non solo trovano corrispondenza nel contenuto del film, ma ne simbolizzano musicalmente il messaggio. (Timothy Brock, in Cinegrafie, n. 13, 2000)