Matrimonio All’italiana

Vittorio De Sica

T. int . Marriage Italian Style. Sog.: dal testo teatrale omonimo di Eduardo De Filippo. Scen.: Renato Castellani, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi, Tonino Guerra. F.: Roberto Gerardi. M.: Adriana Novelli. Scgf.: Carlo Egidi. Cos.: Piero Tosi. Mus.: Armando Trovajoli. Int.: Sophia Loren (Filumena Marturano), Marcello Mastroianni (Domenico Soriano), Aldo Puglisi (Alfredo), Tecla Scarano (Rosalia), Generoso Cortini (Michele), Vito Morriconi (Riccardo), Gianni Ridolfi (Umberto), Marilù Tolo (Diana). Prod.: Carlo Ponti per Compagnia Cinematografica Champion, Les Films Concordia DCP. D.: 102′. Col.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Il restauro integrale a risoluzione 4K si è basato su un interpositivo 35mm stampato nel 1964 direttamente dal negativo camera, che sfortunatamente è andato perduto. Questo interpositivo di seconda generazione è stato trovato presso il gruppo Éclair, depositato per conto di Studio Canal, e si è rivelato il migliore elemento disponibile su cui basare il processo di restauro. Rispetto ai restauri e alle ristampe precedenti, la scoperta di questo nuovo elemento ha permesso di guadagnare una genera zione, perché fino a oggi tutti i restauri si erano basati sull’unico elemento di conservazione disponibile in Italia: un internegativo di proprietà della Surf Film. La fase di correzione del colore ha beneficiato della preziosa super visione di Ennio Guarnieri, che non solo aveva collaborato con l’operatore Roberto Gerardi ma fu a sua volta di rettore della fotografia di alcuni film di Vittorio De Sica, come Il giardino dei Finzi Contini.

Davide Pozzi e Elena Tammaccaro

Nel 1964 De Sica torna a Napoli per girare un film tratto dall’opera più celebre di Eduardo De Filippo, la sua “creatura più cara”, già molto rappresentata in giro per il mondo (a Parigi da Valentine Tessier, a New York da Katy Jurado) – per non dire delle migliaia di repliche sui palcoscenici italiani, protagoniste prima una leggendaria Titina, sorella di Eduardo, poi Regina Bianchi. Preferisce tuttavia (o non può, o non osa) non intitolare il film Filumena Marturano. Del resto, Eduardo viene interpellato per la sceneggiatura, ma subito sparisce; all’opera si accinge una pattuglia dei soliti noti che hanno dato gloria al recente cinema italiano, e che rimodulano i tre atti della commedia in una scansione di flash-back. Il titolo scelto è appunto Matrimonio all’italiana: ammicca, si traduce bene, ribilancia il peso dei divi. Sophia e Marcello sono all’apogeo della carriera, in un turbinio di Oscar e glamour, freschi della scena di spogliarello che lo stesso De Sica ha orchestrato per loro in Ieri, oggi e domani. Anche sui manifesti di Matrimonio all’italiana, non a caso, Sophia ride spavalda e in negligé. La sfida evidente è trasformare questa Loren, spettacolare e trentenne, nella consumata e drammatica Filumena. Per Mastroianni è più semplice: reinventa Domenico Soriano in chiave di gaglioffo amabile, galleggia da par suo sulla capacità di seduzione che in Eduardo era solo presunta o già se polta. In un solo momento è davvero sordido. Ammette Filumena nella propria casa, e brutalmente le fa capire che è solo per far da serva alla vecchia madre, fino alle incombenze più umili. Lei accetta: senza rassegnazione, con scherno amaro verso sé stessa e l’uomo da cui non può staccarsi. Sophia Loren è lì, la bellezza comunque imprescindibile, ma è come se il suo corpo assorbisse lo squallore di queste stanze, la loro muffa, il loro odore. Rende tutto palpabile, e si guadagna il diritto a essere Filumena Marturano, alla commedia dell’amore umiliato e della maternità scaltra, ai “figglie nun se pàvano” e a tutto il resto. Bel lavoro d’attrice, di direzione d’attrice e di scenografia. I set di Carlo Egidi sono tra le cose più pregevoli del film, gli ambienti del dopoguerra piccolo-borghese di Eduardo diventano interni fatiscenti, cavernosi, percorsi da un senso di disfacimento. Intorno, Napoli aggiornata al 1964 appare un luogo estraneo e involgarito: e infatti qua e là si canticchiano distrattamente le strofe nostalgiche di Munasterio ‘e Santa Chiara (“penz’ a Napule cum’e ra…”). Alla fine troviamo i due alle falde del Vesuvio, in un paesaggio grigio, in una scena che ha non poco di assurdo: due vecchi amanti, che hanno avuto tutta la vita per disgustarsi a vicenda, cedono a un improvviso quanto improbabile riaccendersi del desiderio. Eppure in questo incongruo avvinghiarsi, così smaccatamente italian-international style (Carlo Ponti produce e sorveglia), De Sica, che è artista grande non meno che lucido uomo di spettacolo, fa esplodere il senso delle eduardiane “vite scaraventate l’una contro l’altra”.

Paola Cristalli

 

Copia proveniente da

Restaurato nel 2014 da Fondazione Cineteca di Bologna e Technicolor Foundation for Cinema Heritage con il contributo di Memory Cinema, presso il laboratorio L'Immagine Ritrovata