L’UOMO MECCANICO

André Deed

R., S. e Sc.: André Deed. F.: Alberto Chentrens. In.: André Deed (Modestino detto Saltarello), Valentina Frascaroli (Mado, l’avventuriera), Gabriel Moreau (prof. D’Ara), Mathilde Lambert (Elena D’Ara), Ferdinando Vivas-May (Ramberti), Giulia Costa. P.: Milano Films. l.o.: 1821m. 35mm.

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T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

“[…] Un film straordinario che incrocia il serial d’avventura, il burlesco, la science-fiction (davvero inconsueta per il cinema italiano). La copia rinvenuta dalla Cineteca di Bologna è assai lacunosa; peraltro, come si può leggere nel Cinema muto italiano di Martinelli, già all’epoca il film aveva subito manomissioni tali da renderlo inintelleggibile.
André Deed fa la parte di Modestino, detto Saltarello. Valentina Frascaroli è Mado l’avventuriera, dal profilo elegante e lo sguardo isoscele tagliato da una cappa nera – eco di Pearl White e di Musidora.
[…] L’Uomo meccanico del film di Deed è un “autentico” robot, gigantesco, comandato a distanza attraverso un tele-visore. Non ci risulta che vi siano precedenti: è estraneo alla tradizione degli automi, mentre improbabile è il riferimento a R.U.R. – Rossum’s Universal Robots, scritto da Karel Capek – è vero – nel 1920, che ha avuto i due famosi allestimenti di Feurstein nello stesso 1921 ma al Teatro nazionale di Praga, mentre quello di Frederick Kiesler è del 1922. Per contro, il 2 giugno 1922, Vinicio Paladini e Ivo Pannaggi presentano Ballo Meccanico futurista presso la Casa d’arte Bragaglia a Roma: il costume ideato da Pannaggi è sorprendentemente simile all’Uomo meccanico di Deed. Precisiamo solo che non intendiamo qui annoverare il film di Deed tra gli antecedenti dell’“estetica meccanica”; avanziamo invece che uno degli episodi maggiori della nostra avanguardia trova un motivo tematico-figurativo (meccanografico) proprio nel cinema “basso” italiano. Se poi si tratta di una fonte diretta (L’uomo meccanico riceve il visto il 1° novembre 1921 ma esce a Roma solo un anno dopo, il 25 ottobre 1922) resta solo da dimostrare.
La figurazione del corpo-marionetta aveva conosciuto l’eccellenza del classico: Pinocchio, (Cines, 1911) firmato da Gant, alias Giulio Antamoro, con Ferdinand Guillaume. André Deed, già corpo disarticolabile e “uomo moltiplicato” (Cretinetti che bello!, 1909), adesso lascia lo spazio dello schermo alla traduzione metallica del robot. Anzi di due robot, che si affrontano in un finale propriamente elettrico e pirotecnico. André Deed, lui rimane di lato. […]
(Michele Canosa, Cinegrafie, n.4)

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