L’oro di Napoli

Vittorio De Sica

Sog.: Cesare Zavattini dal romanzo omonimo di Giuseppe Marotta. Scen.: Cesare Zavattini, Giuseppe Marotta, Vittorio De Sica. F.: Carlo Montuori. M.: Eraldo Da Roma. Scgf.: Gastone Medin, Virgilio Marchi. Mus.: Alessandro Cicognini. Su.: Aldo Calpini, Biagio Fiorelli, Bruno Moreal. Int.: Totò (don Saverio Petrillo), Sophia Loren (Sofia), Vittorio De Sica (conte Prospero), Silvana Mangano (Teresa), Eduardo De Filippo (don Ersilio Miccio), Lianella Carell (Carolina), Giacomo Furia (Rosario), Pierino Bilancioni (Gennarino), Erno Crisa (Nicola), Tina Pica (una cliente). Prod.: Dino De Laurentiis, Carlo Ponti per Ponti-De Laurentiis. Pri. pro.: 23 dicembre 1954. 35mm. D.: 132′. Bn.

info_outline
T. it.: Titolo italiano. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della fotografia. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al secondo. Bn.: bianco e nero. Col.: colore. Da: fonte della copia

Scheda Film

Ambienterò il film in un ben definito lembo di Napoli, per il quale la scelta è quasi fatta: quella Piazza del Mercato così pittorica, così fuori dal tempo, sulla quale sono passati i secoli senza nulla mutare. Nessun luogo, mi sembra, potrebbe esprimere meglio quanto di immutabile ha Napoli. Perché soprattutto questo io cercherò di rendere nel mio film: il senso di una Napoli che è eterna perché ha le sue radici nel particolare atteggiamento che l’anima del popolo partenopeo ha sempre assunto di fronte alla vita; di una Napoli che il ‘colore’ maschera soltanto, ma non esprime, di una Napoli abituata a vincere il destino con la rassegnazione che le viene da una saggezza la quale è insieme frutto di millenarie esperienze e dono di natura.

Vittorio De Sica, intervista di Federico Frascani, La Napoli di Marotta in un film di De Sica, “Il Giornale”, 15 settembre 1953

Selezionando i film che dovevano rappresentare l’Italia al Festival di Cannes, le autorità italiane hanno mostrato la solita mancanza d’immaginazione. C’è un solo film italiano recente che meriti di essere presentato all’estero, e quel film è L’oro di Napoli di De Sica.
Dato che in Italia il film si sta rivelando anche un grande successo di botteghino e vanta alcuni dei più celebri attori italiani di oggi, è tanto più sorprendente che non venga mandato a Cannes (visto che era stato chiesto dalla direzione del Festival). Il fatto che i sottotitoli francesi siano opera di Marcel Pagnol costituiva un altro elemento a favore.
La ragione di questa malaugurata decisione deve essere ancora una volta di natura politica. È ben noto che il film non è piaciuto all’armatore Achille Lauro, sindaco di Napoli ed esponente di spicco del Partito monarchico. Durante le riprese, Lauro si è perfino rifiutato di mettere a disposizione dei poliziotti per arginare la folla di curiosi.
È vero che L’oro di Napoli infrange le regole del film napoletano convenzionale, e che neanche i napoletani lo amano. Eppure, stranamente, l’unico appunto dei critici autorevoli è che il film idealizza troppo Napoli invece di concentrarsi sulla vita quotidiana dei suoi abitanti.
La questione della rappresentazione di Napoli nel film merita un più attento esame che mi riservo di fare  quando avrò visto la versione integrale dell’opera di De Sica, dato che nella versione mostrata nei cinema italiani manca l’intero episodio del Funeralino, il preferito di De Sica e Zavattini. L’episodio è stato tagliato su insistenza dei distributori, che non si aspettavano un simile successo commerciale (memori del fiasco di Umberto D. e di altre creazioni De Sica-Zavattini).

From John Francis Lane in Italy, in “Films and Filming”, maggio 1955

Nella rappresentazione della ‘civiltà’ napoletana, il film risponde a un’ambizione totalizzante nata da una costruzione sofisticata – un sonetto cinematografico – in cui ciascun elemento concorre all’equilibrio dell’insieme ed esprime una visione non frammentaria della città, al contrario di quel che potrebbe far pensare una struttura ad episodi. L’oro di Napoli è una sintesi di sentimenti, di conoscenze, di poesia. Per certi aspetti, il film costituisce la quintessenza del rapporto tra Zavattini e De Sica, tra il genio concettuale dell’uno e l’arte della messinscena dell’altro.

Jean A. Gili, Cinéma retrouvé. L’Or de Naples, “Positif”, gennaio 1994