LENINSKAJA KINOPRAVDA Kinopoema o Lenine/Kinopravda N°21
F.: G.Giber, A.Levicky, A.Lemberg, I.Novicky, M. Kaufman, Edourad Tissé e altri. P.: Goskino. D.:40’. 35mm.
Scheda Film
All’Archivio di Stato per il materiale documentario di Krasnogorsk (rimasto chiuso ai ricercatori fino a poco tempo fa), abbiamo ritrovato questa versione originale del cine-poema vertoviano sui funerali di Lenin. Le copia, tratta direttamente dal negativo originale, pare corrispondere (la certezza non è assoluta, in mancanza di ricerche complesse e approfondite negli archivi ex-sovietici, ancora tutte da fare) al montaggio originale, manomesso infinite volte nel corso degli anni per eliminare o reinserire gli esponenti del partito caduti in disgrazia o riabilitati. Quindi una copia dove ci sono ancora Bucharin e Trotzky, e dove Stalin è sullo sfondo, uno fra i tanti.
“Il 2l° Cineverità, che prese il nomr di Cineverità di Lenin, ebbe delle caratteristiche che lo distinsero dagli altri lavori sperimentali di Vertov. Per mostrare nel ventunesimo Cineverità i materiali cinematografici sulla vita, la malattia e la morte di Lenin si sarebbe potuto dare all’episodio una struttura cronologica, disponendo tutti i quadri concernenti il tema secondo il loro ordine logico e temporale. Vertov scelse una soluzione più complessa, distribuendo il materiale in tre gruppi: I. Lenin ferito; 2. malattia e morte di Lenin; 3. Lenin non c’è, ma la sua forza è con noi. Ciascuna di queste parti veniva ampliata con materiale documentaristico di vario genere. Questo principio di disposizione del materiale aiutò Vertov a creare un’opera di grande forza emotiva, a trasformare un cinegiornale in un toccante film pubblicistico. Comparve per la prima volta sullo schermo il tema di Lenin nei suoi rapporti con il popolo, il paese, la costruzione del socialismo. […] Il Cineverità di Lenin e il numero successivo (Lenin é vivo nel cuore del contadino) furono in sostanza i primi film sovietici di storia del partito. È interessante notare che la Pravda prestò attenzione al nuovo metodo, inventato da Vertov, di animazione dei comizi mediante l’introduzione di tutta una serie di episodi che sottolineavano e approfondivano il significalo del quadro di cronaca, superandone i precedenti limiti informativi. La Pravda plaudiva alla semplicità e alla comprensibilità del Cineverità di Lenin, alla cura per gli spettatori di tipo medio e all’orientamento Al grande artista che aveva consacrato il suo talento alla rivoluzione. il Cineverità di Lenin produsse una forte impressione su centinaia di migliaia di spettatori e influì non soltanto sull’ulteriore sviluppo di tutta la cinematografia documentaristica, ma anche su quella artistica. Rispetto a tutti i numeri precedenti del Cineverità, quello dedicato a Lenin raccolse nel modo più organico e conseguente tutto ciò che era stato scoda Vertov nel precedente periodo sperimentale del suo lavoro. Il tema di Lenin e della sua causa, che collegava le inquadrature di Il’ic coi quadri che esprimevano l’idea della dittatura del proletariato e della lotta della classe operaia, dei contadini dei popoli delle colonie e dei lavoratori di tutto il mondo, poté essere espresso in modo luminoso ed efficace perché tutti i metodi del cinegiornalismo artistico furono assoggettati a questo compito. […] In questo film, al montaggio come strumento di organizzazione ritmica della scena e dell’episodio, Vertov aggiunse il colore. Le immagini venivano colorate di giallo, arancione, rosso, azzurro con piena coscienza, tenendo conto dell’effetto emotivo sullo spettatore. Erano rosse le inquadrature della classe operaia, di Lenin, dei popoli oppressi dell’Oriente. Erano azzurri i quadri della carestia, della fame, delle epidemie. li nero, il colore del lutto e del dolore, interrompeva il racconto.[…] Nel Cineverità di Lenin egli usò con un alto grado di perfezione la sua capacità in fatto di montaggio. Le didascalie ebbero una funzione autonoma, pari a quella dei quadri contigui. Il ritmo preciso e quasi musicale delle immagini, che variava e si integrava con la parola, diede alla scena dell’estremo saluto a Lenin una possente risonanza emotiva […] Vertov fu il primo ad apprezzare il grande valore cinematografico del ritratto dell’uomo semplice, la figura dell’eroe del suo tempo. I migliori operatori cinematografici con cui lavorava riprendevano dietro sua indicazione gli operai entrati a far parte del partito. L’interesse per l’uomo, per il suo aspetto e per il ritratto cinematografico che n’esprimeva il mondo interiore fu sempre presente in Vertov. […] Nel Cineverità di Lenin Vertov unì arditamente ai quadri di cronaca ritratti cinematografici, completati dietro sua indicazione, degli operai che erano entrati a far parte del partito. Il completamento dei quadri necessari al regista e l’utilizzazione dei testi dei documenti come elementi di montaggio ora sono condizioni normalissime della creazione dei documentari, ma all’inizio degli anni Venti furono una scoperta di Vertov, che non si deve sottovalutare”. Nikolai Abramov, Dziga Vertov, Edizioni di Bianco e Nero, Roma, 1963).