LA RAGAZZA IN VETRINA
Sog.: Rodolfo Sonego. Scen.: Luciano Emmer, Vinicio Marinucci, Luciano Martino, Pier Paolo Pasolini. F.: Otello Martelli. M.: Jolanda Benvenuti, Emma Le Chanois. Scgf.: Alexandre Hinkis. Mus.: Roman Vlad. Int.: Lino Ventura (Federico), Marina Vlady (Else), Magalì Noël (Chanel), Bernard Fresson (Vincenzo). Prod.: Nepi Film, Sofitedip, Zodiaque Productions. DCP. D.: 92’. Bn.
Scheda Film
La ragazza in vetrina doveva essere il film della svolta nel cinema di Emmer, e diventò il suo film maledetto. In sintonia con l’evoluzione del cinema italiano, il regista sceglie un soggetto di Rodolfo Sonego che trattava un tema crudissimo, quello degli emigrati italiani nelle miniere di Belgio e Olanda (la tragedia di Marcinelle presso Charleroi, con 262 morti di cui oltre la metà italiani, era avvenuta appena quattro anni prima) e un altro diversamente scabroso, quello del quartiere a luci rosse di Amsterdam. Unisce quindi il proprio gusto per il vagabondaggio e il bozzetto con un’inedita durezza di sguardo, assecondata dal bianco e nero di Otello Martelli reduce da La dolce vita: la prima mezz’ora del film mostra la dura vita della miniera, poi segue due personaggi, uno più timido e uno più scafato, ma ugualmente soli e infelici, nell’incontro con due prostitute. L’unità di tempo, il senso del viaggio che racchiude incontri impossibili (Domenica d’agosto, Parigi è sempre Parigi) si carica ora di tinte documentarie, e di una profonda amarezza. Il film fu però bloccato dalla censura italiana, che lo tenne fermo per mesi prima di concedere il visto, per i maggiori di sedici anni, dietro il taglio di una scena considerata scabrosa. Ma in molti suggerirono che il vero tema da censurare fosse proprio la descrizione delle condizioni di lavoro degli emigrati italiani. Emmer, amareggiato dall’esperienza, si dedicò da allora alle pubblicità televisive fino al 1990. L’edizione integrale italiana del film fu ripristinata solo quarant’anni dopo la sua uscita.
Emiliano Morreale
Dato che nella regione [di Marcinelle] non c’erano alberghi, dormivo su una branda, ospite di una baracca di minatori. Un giorno da Amsterdam arriva alla baracca un bel ragazzotto della provincia di Padova, una specie di Vincenzoni giovane, il quale comincia a raccontarmi tutto delle ragazze in vetrina. Lui si era fidanzato con una di queste prostitute, di riposo la domenica. Andava a prenderla il sabato sera e passavano il fine settimana in giro per gli alberghetti lungo i canali che sfociavano nell’oceano, festeggiando a base di caviale e champagne.
Naturalmente gli chiesi come mai avesse tutti questi soldi e il giovanotto mi spiegò che esistevano alcuni pozzi che statisticamente saltavano per aria ogni dieci-dodici anni […]; le squadre che accettavano di lavorare là dentro venivano pagate anche cinque volte di più. E così tutti i sabati questo minatore italiano, che non aveva una moglie a Padova cui mandare il vaglia, si trovava dei bei soldi da spendere con la sua ragazza in vetrina.
Dopo l’incontro decisi naturalmente di scrivere il film tutto su questo personaggio. Ne ricavai un soggetto di circa venticinque pagine che Pasolini trovò nell’ufficio della produzione e, affascinato dall’idea del contrasto fra questi ragazzi mediterranei e queste bambole di porcellana tutte dipinte sotto le luci delle vetrine, mi telefonò. Voleva a tutti i costi fare lui la sceneggiatura e infatti la fece. “È bellissimo, non mi importa niente se non ce la pagano”.
Rodolfo Sonego in Il cervello di Alberto Sordi. Rodolfo Sonego e il suo cinema, a cura di Tatti Sanguineti, Adelphi, Milano 2015
Questo film mi permette di riallacciare i rapporti con il cinema d’autore che ho sempre privilegiato. Mostra l’esistenza difficile degli emigranti di ogni paese che lavorano nelle miniere, la vita da schiave delle belle di notte esposte come mercanzia, il sogno un po’ folle di questo ragazzino innamorato che vuole liberare la ragazza da una strana doppia vita di cui gli rivela il lato nascosto. Bellezza degli scenari naturali: il mare, una casa di bambole, tutto un paesaggio esaltato dalla fotografia di Martelli. Perfezione delle interpretazioni: Lino Ventura che in questo ruolo mostra finalmente tutta la grandezza della sua umanità; Magali Noël, buffa e spumeggiante di vita; Bernard Fresson, straordinariamente misurato nel suo primo ruolo. Quanto al personaggio che interpreto, tutto fatto di violenza interiore, mi permette di rivelare un lato del mio temperamento, torbido e ambiguo, ignorato o mal coltivato da anni.
Marina Vlady, 24 images/seconde, Fayard, Parigi 2005
Video intervista a Marina Vlady durante il Cinema Ritrovato 2018